Un tavolo per confrontarsi e ripensare alla città, per capire com'è cambiata, quali sono le sfide e le opportunità. L'invito arriva da Sergio Escobar, direttore del Piccolo, e si rivolge «a tutte le istituzioni culturali, al Comune, alle associazioni di categoria». Una proposta che riaccende il dibattito lanciato in questi mesi dal Giornale sulla necessità di ampliare e rivedere l'offerta culturale a partire da quella estiva, inadeguata rispetto alla massiccia presenza di turisti e residenti rimasti in città.
Tra i suggerimenti, c'è chi ha proposto di tenere aperti i teatri ad agosto. Lei cosa risponde?
«Per ora è un'ipotesi irrealizzabile. Il Piccolo è attivo 330 giorni all'anno, con 900 alzate di ripario e 270mila spettatori (oltre ai ventimila abbonamenti), di cui il 50% sotto i 26 anni. Tenere aperto anche ad agosto significherebbe portare i bilanci in distruzione. Sia per il Piccolo che, a maggior ragione, per la Scala, visti i tempi che corrono».
Nemmeno proponendo spettacoli più popolari o di compagnie emergenti, magari di allievi della scuola?
«I giovani già collaborano con il teatro tutto l'anno. Portare in scena spettacoli a basso costo vorrebbe dire abbassare la qualità, e sarebbe un danno d'immagine per il teatro e un insulto per il pubblico. E poi in estate il personale va in ferie, e noi ne approfittiamo per avviare i lavori di manutenzione. Piuttosto, per quanto riguarda la Scala, si potrebbe pensare di renderla visitabile: sono convinto che l'80% degli stranieri sarebbe soddisfatto».
Quindi niente spettacoli in estate?
«Per quanto mi riguarda, mi impegno a tenere aperto ad agosto il chiostro di via Rovello. Ma a condizione che ci si metta tutti a un tavolo, con gli assessori, le istituzioni culturali e le associazioni di categoria, e si programmi una strategia comune. Non solo per l'estate, ma per tutto l'anno. Che coinvolga i servizi, i trasporti, gli esercizi commerciali, e ovviamente anche il mondo della cultura».
Ci spieghi bene: lei metterebbe a disposizione il chiostro con una programmazione estiva ad hoc?
«Si potrebbe fare, ovviamente scegliendo spettacoli leggeri, anche coinvolgendo le scuole. Ma ripeto: prima occorre trovare una linea comune, una convergenza».
Lei che cosa proporrebbe alle istituzioni?
«Per prima cosa, occorre riappropriarsi dei luoghi. Milano è cambiata, non è più soltanto la città del lavoro e della produttività. La gente si ferma qui più a lungo, fa vacanze più brevi, in periodi diversi. C'è voglia di vivere gli spazi, i parchi, le piazze. Le notti bianche ne sono la dimostrazione. Le faccio un altro esempio: la scorsa stagione, il giovedì e il sabato, abbiamo anticipato gli spettacoli alle 19.30 invece del consueto orario delle 20.30. Erano tutti contrari, dicevano che la gente a quell'ora sta ancora lavorando. Invece è stato un successo. E sa perché? Perché così, dopo lo spettacolo, i milanesi hanno tempo di godersi la città, uscire a cena o farsi una passeggiata in libertà».
Quindi cosa suggerisce?
«Valorizziamo le risorse esistenti. Prendiamo il chiostro: fino a qualche anno fa era un gioiellino in pieno centro abbandonato a se stesso. Nel 2009 lo abbiamo ristrutturato grazie al sostegno della giunta precedente, con Letizia Moratti in prima linea, e oggi è frequentato da turisti, milanesi in pausa pranzo che si fermano per un boccone, e gente di passaggio che ancora si stupisce di potervi accedere liberamente. Ma è gratis? mi chiedono stupiti. Sa quanti luoghi ci sono come questo? In centro ma anche nelle periferie, che oggi non sono più percepite come terre di confine e di degrado, ma come luoghi vivi, frequentabili. Spesso sono più vive del centro, che ormai è quasi disabitato. C'è una ripresa del micro-turismo? Benissimo, incentiviamolo. Alle porte di Milano abbiamo luoghi meravigliosi, penso a Morimondo, Chiaravalle, alla Martesana, o a quanto è stato fatto a Villa Arconati. Ottima l'idea di riaprire le cascine o di ripristinare la piscina Caimi del Pierlombardo. Facciamo anche una ricognizione dei novanta teatri lombardi, ce ne sono di bellissimi. La "Grande Milano" è la vera sfida per il 2015».
E per quanto riguarda la promozione turistica, si può fare di più?
«Si deve. Qualche tempo fa con il Politecnico avevamo immaginato un "Quadrilatero della Cultura": comprendeva Brera, il Piccolo, la Scala, fino al Castello Sforzesco.
«Milano ha voglia di rinascere Una proposta per valorizzarla»
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