Milano sfida New York ma abbraccia D’Antoni e Gallinari

MilanoAspettando l'alba, brindando con vino buono della cantina Lefevre al Tip and coffee, come si faceva nell'età dell'oro del basket Olimpia quando era Sergio a lasciare le chiavi del Torchietto, con i vecchi compagni di Mike D'Antoni, nella speranza che il lungo addio duri molto di più della partita che oggi al Forum, ore 18.30, diretta Sky, vedrà l'esordio della nuova Armani davanti al pubblico che, però, da una settimana pensa soltanto ai Knickerbokers di Arsenio, anche questa una squadra rinnovata, ma non come la Milano che lancia il guanto di sfida a Siena quattro volte consecutive campione d'Italia.
Saremo in tanti alle 18.30 sotto il tetto del Forum, sempre laggiù ad Assago, sempre fuori di mano visto che ancora non ci arriva il metrò. Avremmo potuto essere molti di più, almeno come quelli che poi si metteranno in coda per andare a San Siro a vedersi Inter-Juventus.
Dodicimila stretti insieme per venerare una reliquia del basket milanese, D'Antoni, si capisce, ma anche per capire se è già tempo per venerarne un'altra, il ventiduenne Danilo Gallinari che ha giocato nell'Armani e adesso porta il numero otto dei Knicks di New York, simbolo magico secondo la numerologia cinese per rischi estremi e capovolgimenti nella vita, leone aramaico con otto denti e otto zampe che fu anche quello della maglia biancorossa del suo allenatore di oggi nella Grande Mela.
Si gioca con le regole Nba, quattro tempi di 12 minuti, si gioca per il divertimento della gente, non certo per il risultato considerando che Bucchi non potrà presentare in campo Finley e, probabilmente, avrà poco da Petravicius, tre allenamenti dopo l'infortunio alle costole, e da Pecherov, guai ad una mano; tenendo presente che sono in un cantiere anche i Knicks, età media 24 anni, arroccati dietro l'asso Amar'e Stoudemire, il più pagato in assoluto con il suo contrattone da oltre 16 milioni di dollari, tre volte di più di quello che prende Danilo Gallinari (3 milioni e molti spiccioli).
Pomeriggio da brividi, cercando nell'anima i ricordi più belli. Ricordi che si sono ingigantiti in queste giornate milanesi dei Knicks, nelle cene del lungo addio di Mike per i suoi stupendi compagni di allora e per Gallo con i ragazzi della sua generazione al Giannino, anche se per i più giovani, la vera festa è stata in piazza Duomo nella zona Nba dove pure l'Armani ha innalzato la sua tenda.
Ieri al Palalido è arrivato anche Dino Meneghin, che di Mike era il braccio armato, il presidente federale che si è goduto un allenamento vivace e poi si è fermato a parlare con Joseph Donald Walsh, l'uomo che ha in mano il destino di Arsenio, ma anche di Gallinari, il presidente dei Knicks soddisfatto per quei suoi giovani talenti che sudavano dietro al santone Hinds, prima di finire nelle mani dello staff tecnico di Mike dove c'è anche suo fratello Dan, una mente raffinata, felice dopo aver saputo che se il Gallo andrà finalmente in una Nazionale che lo ha sognato, ma in pratica non lo ha mai avuto dai tempi di Recalcati, perché si fece male prima dell'europeo di 4 anni fa, non dovrà bersi anche il calice amaro delle qualificazioni di recupero.
Il presidente dei Knicks, sulla sua sedia anatomica, purtroppo la vita lo ha condannato a quella a rotelle, sembrava davvero soddisfatto e anche lui ha scoperto che il suo allenatore è davvero amato nella città che ha ospitato questa squadra americana dove un tempo giocava il senatore Bill Bradley che nel 1966 portò la prima coppa Campioni in Italia con il Simmenthal del mitico Rubini, che un male carogna ha tenuto lontano da queste feste a cui non è voluto mancare il novantenne Angelo Cattaneo, il mitico dutur che accarezzava i muscoli di campioni entrati nella casa della gloria.


Proprio davanti a quella coppa, ieri mattina, nella nuova sede Olimpia al Lido, D'Antoni e Peterson hanno firmato i loro maxi poster, facendosi fotografare come nei giorni dell'età dell'oro che Livio Proli e Armani vorrebbero ridare a Milano, anche se ancora non capiscono che una nuova strada non obbliga a dimenticare quella vecchia.

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