Aborti, il Cav Mangiagalli va in Russia

Il Patriarcato chiede la ricetta pro vita alla fondatrice Paola Bonzi

Sabrina Cottone

«Sono quasi ventimila» dice Paola Bonzi, 73 anni, rispondendo a una domanda su quanti siano i bambini nati grazie all'aiuto dato alle loro mamme dal Cav, il Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli. Non esagera neanche un po': la ruota dei bimbi che rischiavano di non nascere solo al Cav della Mangiagalli segna 19.960 dal 1984. Tutti figli di donne, spesso sole ma anche accompagnate da mariti o compagni, che vedevano l'aborto come l'unica strada possibile. E invece, grazie al sostegno psicologico e economico dei volontari del Cav, sono riuscite a portare avanti la gravidanza.

Ventimila bambini nati sono sembrati un'enormità anche in Russia, dove la denatalità e il ricorso all'aborto sono in forte crescita. Così il Patriarcato ortodosso di Mosca ha invitato Paola Bonzi a esportare a Mosca l'esperienza del suo Cav. Vari appuntamenti e un convegno che fanno da preludio a una collaborazione più stabile: Bonzi e altri volontari della onlus formeranno in Russia persone che possano dialogare con le mamme in difficoltà e offrire loro alternative all'aborto non voluto.

Paola Bonzi racconta con commozione i giorni in Russia: «In tanti piangevano. Erano psicologi, ginecologi e ostetriche, rappresentanti delle varie province russe, compresa la Siberia». Il problema principale, che rende ancora più complessa la vita ai volontari russi, è che nella Federazione russa l'obiezione di coscienza non è permessa: «I medici, che sono dipendenti statali, non possono nemmeno aiutare le donne a riflettere su quello che stanno facendo, come accade in Italia. Devono consegnare una carta e basta. Questo per chi crede nella vita è grave. Ma adesso è un momento favorevole, perché è tale la diminuzione delle nascite che persino i governanti chiedono che le donne facciano più figli».

Il seminario, che si è svolto a fine gennaio presso la sede del Patriarcato ortodosso di Mosca, è stato organizzato da Russia cristiana sul tema «Servizio sociale delle comunità religiose. Esperienze di scambio interconfessionale». Come risultato, dopo una tavola rotonda e una serie di interventi, si è arrivati a stabilire questa forma di collaborazione stabile: «Formeremo un gruppo di giovani che vivono già là e che opereranno come volontari. Il volontario può fare quel che crede, il dipendente deve fare quel che dice lo Stato e nella Federazione russa l'obiezione di coscienza non è permessa».

Non che in Italia siano rose

e fiori. Nonostante i ventimila fiocchi azzurri e rosa e le donazioni, Paola Bonzi lotta sempre con i fondi che mancano. Il 18 marzo all'Auditorium un «Concerto per la vita» sarà una nuova occasione per raccogliere aiuti.

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