Gli anni d'oro del papà della Coppa del Mondo

«Ho creato il sogno di miliardi di persone ma è la famiglia la mia vera opera d'arte»

Massimo M. VeroneseFesteggerà i 95 anni in famiglia «la più bella e entusiasmante opera d'arte della mia vita», una robusta merenda di metà pomeriggio con la moglie, i figli Gabriella e Giorgio, i nipoti Damiano e Tomaso e i bisnipoti Bianca e Alessandro. E la sua creatura più piccola e famosa, o meglio la sua riproduzione, che vive da sempre nello studio, accanto al ritratto della moglie Elsa, la Coppa del Mondo di calcio, il Sacro Graal del Pallone, trentasei centimetri di altezza nella sua versione originale, 4970 grammi di peso, oro massiccio a 18 carati, 300mila euro al prezzo di mercato, ma chi può dire quante vale il sogno di miliardi di persone? Silvio Gazzaniga l'ha disegnata nel 1972, «una vera scultura che ha forme, armonia, rilievo, ma è anche un simbolo di gioia, di vittoria, di energia», quando la Rimet partì per sempre per il Brasile per poi sparire nel nulla, ci lavorò una settimana, come il Padreterno quando creò l'universo, vinse, come in un campionato del mondo, contro 53 progetti concorrenti, andrà in pensione nel 2038, quando sulla base non ci sarà più posto per incidere il nome delle squadre che l'hanno vinta, diciassette e non una di più. Ha disegnato anche la Coppa Uefa, la Supercoppa europea, la Coppa Europa Under 21, ma non sa nemmeno lui quante opere ha creato in quasi ottant'anni di lavoro, l'ultimo è la Coppa che celebra i 150 anni dall'Unità d'Italia.Milanese e innamorato di Milano: «Sono fiero della mia città. Anche con Expo è riuscita a dare un'immagine bella di sè al mondo, un motivo di orgoglio e uno stimolo all'impegno per i giovani». Milanista ma senza troppe illusioni: «Spero di vincere il derby: fin qui non è che il Milan sia stato molto esaltante, ma c'è tutto il girone di ritorno per riscattarci». Sugli scandali che hanno sconvolta la federcalcio mondiale ha le idee chiare: «Sono dispiaciuto per tutto quello che successo, ma penso che la Fifa abbia basi solide e oneste perché ha le sue radici ben radicate nel profondo del cuore grande degli sportivi». E si emoziona ancora quando vede la maglia azzurra: «Amo il mio Paese e non solo quando scende in campo la Nazionale. Sarebbe emozionante vedere i nostri giocatori alzare al cielo la coppa agli Europei, anche se è una delle poche che non ho ideato io...».Ai ragazzi, lui che va verso il secolo, ha da dire qualcosa, ma sempre con l'umiltà dei grandi: «Sono di una generazione che ha vissuto gli orrori della guerra e l'enorme energia del dopoguerra. I giovani devono tornare ad essere affamati, pieni di folle voglia di fare.

Tre cose mi sento di consigliare: lavorare tanto, non smettere di stupirsi e amare quello che si fa. Mai prendersi sul serio, se ti senti arrivato sei finito. Leonardo la Gioconda non l'ha finita mai. E se non l'ha fatto lui chi siamo noi per fare diversamente?...» Buon compleanno, Maestro.

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