Gli appalti Expo truccati Comune contro le toghe

Gare in Tribunale aggirate, Palazzo Marino attacca: «Tutto deciso negli uffici giudiziari»

Gli appalti Expo truccati Comune contro le toghe

Cristina Bassi

Luca Fazzo

È guerra aperta tra il Comune e i magistrati sul caso degli appalti Expo per l'informatizzazione del Tribunale. Ben 18 dei quali, su 72, affidati secondo l'Anac in modo illecito. Dopo l'intervento di giugno dell'Autorità anti corruzione (arrivato con anni di ritardo sulle inchieste del Giornale e del blog Giustiziami) il cerino acceso è cominciato a passare nervosamente da Palazzo di Giustizia a Palazzo Marino. Nelle ultime ore è quest'ultimo ad affondare il colpo: gli appalti assegnati senza gara? Decisi negli uffici giudiziari.

Non è un passaggio da poco, visto che solo due mesi fa il presidente del Tribunale Roberto Bichi aveva dichiarato l'esatto contrario: «Non eravamo noi la stazione appaltante», bensì il Comune, cui quindi toccano le responsabilità di eventuali magagne. Non ci sta però Fabrizio Dall'Acqua, da pochi mesi segretario generale e responsabile comunale anti corruzione che ha scritto le controdeduzioni per l'Anac e il primo agosto ha riferito in Commissione anti mafia. Il testo resta top secret. Ma due giorni fa il presidente della commissione David Gentili («Insieme X Milano») ne rende noti su Facebook alcuni estratti. Da cui si deduce che la grana torna al mittente. «Una storia terribilmente seria», sottolinea Gentili. Che «coinvolge anche i magistrati che dal 2010 hanno seguito gli appalti come dirigenti, come consulenti, fornendo pareri e indicazioni per lo svolgimento delle gare». In sintesi: erano le toghe, quelle del ministero della Giustizia e quelle del Tribunale che sedevano al «Tavolo della Giustizia della Città di Milano», a decidere gli affidamenti diretti (31 per un valore di 6 milioni). La stazione appaltante Comune si adeguava ed eseguiva.

Spiega Dall'Acqua: «L'affidamento diretto era suffragato da un ragionamento e motivazioni che provenivano da fonti autorevoli». Non solo: «Contestare la bontà della motivazione proveniente dal mondo della giustizia era complicato». Precisano i due dirigenti comunali responsabili degli affidamenti: «La definizione dei fabbisogni avveniva a monte delle riunioni del gruppo tecnico operativo ed era cura degli uffici giudiziari e del Dgsia/ Cisia (la Direzione generale sistemi informativi automatizzati del ministero e il distaccamento milanese, ndr) in relazione alle esigenze degli uffici giudiziari stessi. Il compito del Comune di Milano era di tradurre in atti amministrativi le scelte operate dagli uffici giudiziari. In caso di affidamenti ex articolo 57 del codice appalti (senza gara, ndr) l'individuazione del fornitore è stata effettuata dagli uffici giudiziari e Dgsia/Cisia che avevano contezza dei rapporti pregressi e delle problematiche tecniche sottostanti. Il Comune di Milano» d'altra parte «non aveva esperienza tecnica in merito al processo civile telematico» e non poteva quindi individuare l'operatore più adatto. Si limitava a predisporre «gli schemi di provvedimenti amministrativi di affidamento in cui recepiva le indicazioni degli uffici giudiziari». A Elsag Datamat (controllata Finmeccanica) sono andati senza bando appalti per 1,6 milioni e a Net Service (ex gruppo Finmeccanica) per 2,2 milioni. Gli affidamenti diretti, ammonisce Anac, devono essere motivati in modo rigoroso. E qui Gentili riporta come esempio la nota con cui Stefano Aprile, magistrato, allora direttore generale Dgsia, motivò l'assegnazione a Elsag Datamat. Una giustificazione che elenca «ragioni di carattere tecnico» e che il presidente della Commissione definisce «perentoria». Infine la nomina, contestata da Anac, nel gruppo di lavoro propedeutico agli appalti di Giovanni Xilo, un esterno all'amministrazione che in passato ha fatto affari con la Net Service.

Dall'Acqua risponde che la nomina fu voluta da Livia Pomodoro, allora presidente del Tribunale. Conclude Gentili: «Chiedo che le nostre controdeduzioni siano inviate anche alla Corte dei conti e alla Procura. Meglio tutelarsi».

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