Chi andrà in giunta dovrà dimettersi dal consiglio regionale. È uno dei criteri su cui starebbe seriamente riflettendo il presidente della Regione, Roberto Maroni. Un modo per evitare cumuli di attività e di funzioni e separare l'aspetto legislativo da quello più di governo. C'è poi il criterio del 50 per cento di donne. E anche in questo caso bisognerà guardare fuori dal consiglio (dove per altro la presenza femminile non è certamente alta). Un altro punto di riferimento è il numero di assessori: Maroni preferisce la giunta snella, composta da dodici o al massimo quattordici persone, alla formazione sedici assessori più quattro sottosegretari che rappresentano il numero massimo previsto dalla normativa regionale.
E veniamo alla questione che riguarda i tempi. La nuova giunta, così come la prima convocazione del consiglio regionale, è attesa entro Pasqua. La prima scadenza non dipende dalla Regione ma dalla Corte d'Appello: si tratta della proclamazione del presidente eletto, Roberto Maroni, da parte dell'Ufficio centrale regionale (di solito accade entro quindici o venti giorni dal voto). Immediatamente dopo il presidente dovranno essere proclamati uno ad uno gli altri 79 consiglieri regionali. Entro i 10 giorni successivi alla proclamazione, il presidente della Regione Lombardia deve formare la giunta. Il consiglio regionale deve essere convocato tra il decimo e il quindicesimo giorno dalla proclamazione, altrimenti è convocato automaticamente il ventesimo giorno. Fatti i primi calcoli, è prevedibile che tutto ciò accade entro il 23 o subito dopo il 25 marzo.
Si comincia a parlare anche di formazione, ovvero di quale potrebbe essere la ripartizione degli assessorati nella maggioranza. Una delle ipotesi più probabili è il 6 5 2 1, ovvero sei assessori al Pdl, cinque alla Lega, due alla Lista Maroni e uno a Fratelli d'Italia. Al Pdl toccano la presidenza del consiglio regionale, l'assessorato alla Sanità e il vicepresidente della giunta, oltre ad altra competenze che nella giunta Formigoni erano della Lega. Una specie di ribaltamento del vecchio schema, anche se naturalmente le cose possono cambiare.
Il Pdl è più interessato del passato alla presidenza del consiglio, anche perché adesso, con un governatore leghista, il ruolo politico della guida dell'aula è particolarmente importante. Inutile dire che è preferibile per l'incarico una persona che abbia conoscenza dei meccanismi regionali. Il nuovo presidente della Regione, dal canto suo, ha il bisogno o almeno il desiderio di dimostrare il buongoverno della Lega.
Più difficile parlare di nomi. Il coordinatore regionale Mario Mantovani, che è stato il più votato del Pirellone, deve ancora decidere del suo futuro, ma sembra che non sia interessato all'assessorato alla Sanità. È possibile che torni in giunta l'ex vicepresidente della Regione, il leghista Andrea Gibelli, che in passato ha avuto la delega alle Attività produttive ma che potrebbe occuparsi di altro. L'ex assessore alle Infrastrutture, Raffaele Cattaneo, che ha ottenuto molti voti a Varese, è ritenuto in corsa per la squadra di governo ma anche per la presidenza del consiglio.
Rimangono stabili le quotazioni di Mario Melazzini, assessore alla Sanità uscente molto votato a Pavia. Tra le donne in pole position Valentina Aprea, ex sottosegretario all'Istruzione, assessore regionale uscente a Occupazione e politiche del lavoro, Istruzione, Formazione e Cultura. È possibile l'ingresso in giunta di Viviana Beccalossi, in passato vicepresidente della Regione con Formigoni.
Il tema della presenza femminile in giunta è particolarmente importante, perché Maroni in campagna elettorale si è impegnato a scegliere il 50 per cento degli assessori tra le donne. E così almeno sei dei dodici dovranno essere donna.
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