«Credo che Milano, che ha già perso la Città della Salute, che si è trasferita a Sesto San Giovanni, non possa permettersi di perdere anche questa grande opportunità che il professor Umberto Veronesi offre a Milano». Mario Mantovani, vicepresidente della Regione e assessore alla Salute, torna a difendere il Centro di ricerca biomedica sul quale è arrivato lo stop (o almeno il segnale di deviazione) da Palazzo Marino. «Ho incontrato recentemente il professor Veronesi, ha ringraziato la Regione per la sua vicinanza e per l'attenzione al progetto. Ci auguriamo che si chiuda presto questa querelle con il Comune che non ha nessun senso» dice ancora Mantovani. E invita a «non fare battaglie ideologiche» su una questione decisiva per lo sviluppo economico e culturale. Per incrementare il benessere a ogni livello.
Qual è la sua posizione da responsabile regionale della Salute?
«Come assessore alla Salute, mi auguro che Giuliano Pisapia ci ripensi. E che al di là di impostazioni ideologiche sulla scelta dell'area, faccia prevalere l'interesse dei cittadini. Se i milanesi venissero interpellati, se fossero chiamati a rispondere se preferiscono sacrificare un'area verde o un grande centro di ricerca biomedica, sceglierebbero la ricerca biomedica».
Si parla di un'area adiacente a Ripamonti, vicina anche se non coincidente con l'attuale. È una strada percorribile?
«Una questione urbanistica non può privare Milano di un centro mondiale di ricerca. Abbiamo perso tanti anni, non possiamo permetterci di perderne altri con gli strumenti urbanistici. Come Regione attendiamo un esito rapido di questa disputa, altrimenti cercheremo altre aree in Lombardia perché non sfumi questa possibilità».
Pensa che il Cerba possa sorgere anche altrove?
«Non è detto che il Cerba debba essere a Milano. Abbiamo aree di proprietà regionale in provincia di Milano o in provincia di Pavia, per partire dalle possibilità più immediate e concrete. E se interpellassimo altri Comuni, si farebbero certamente avanti per ospitare un Centro così avanzato».
Non sarebbe una perdita grave per Milano? Oltre che per il Cerba? Milano è una capitale dell'università e della sanità.
«Sarebbe grave, perché significherebbe rinunciare alla ricerca, su cui oggi si punta tutto. Crescita e sviluppo sono basati sulla ricerca. Fermare questo processo vuol dire non adeguarsi ai tempi, avere una visione retrograda. Parliamo di un Centro che potrà mettersi in concorrenza con l'avanzatissimo Bethesda, vicino Washington. È una grande impresa a costo zero per il pubblico e anche questo è meritevole di attenzione. E poi c'è da tenere conto dell'Expo in arrivo».
Che legame vede tra il Cerba e l'Expo del 2015?
«Soprattutto in vista di Expo, sarebbe una brutta figura, se dovessimo diffondere la notizia che rinunciamo a un progetto di così grande importanza e attualità sulla salute. Al contrario l'Expo può essere un grande palcoscenico per lanciarlo.
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