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Berti, "mensa dei poveri" delle intercettazioni

La trattoria diventata famosa con Tangentopoli, luogo di incontro tra affaristi

Berti, "mensa dei poveri" delle intercettazioni

Nome in codice «mensa dei poveri», così è stata chiamata l'inchiesta della Dda, dal nome del soprannome con cui nelle intercettazioni politici e imprenditori indicavano il ristorante da Berti. Un soprannome scherzoso per un locale rinomato per i suoi menù serviti da oltre 150 anni e che proprio per questo è da sempre stato eletto a tavola della politica. Un menù bipartisan che è sempre piaciuto a destra e a sinistra, tanto che già ai tempi di Tangentopoli era stato eletto come luogo di scambio delle mazzette. Tra un risotto alla milanese con ossobuco, una cassoeula con verze e maiale, un bollito misto o un foiolo, politici, imprenditori e affaristi decidevano candidature e liste o intessevano trame e affari.

Complice la posizione privilegiata, a due passi dal Pirellone, ma un tempo anche dalla vecchia sede del Pci di via Volturno qui si sono sempre incrociati politici, mescolati ai milanesi amanti della cucina tradizionale. Caduto in disgrazia dopo Tangentopoli, tra i ristoranti di elezione di Bettino Craxi, era molto amato dagli assessori della giunta Formigoni. A volte anche il presidente si attovagliava con i suoi ospiti, apparizioni mentre i consiglieri si attardavano volentieri. L'osteria milanese balzò di nuovo agli onori delle cronache nel 2011 per la consegna di una mazzetta da 100mila euro al vicepresidente della Regione Lombardia Franco Nicoli Cristiani. Il vicepresidente amava più di ogni altra cosa pranzare «alla mensa dei poveri» a botte di primi e insalatone con i commensali quando i conti arrivavano anche a 3mila euro. Molti, tra assessori e consiglieri lombardi erano afficionados del desco meneghino, tanto da finire al centro dell'indagine sui rimborsi per i pranzi gonfiati. Bastava ordinare i piatti della tradizione e poi strisciare la carta di credito della Regione. Sempre ai tavoli di via Algarotti 20 l'imprenditore al centro dell'indagine Daniele D'Alfonso, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbe incontrato Pietro Tatarella.

La moda di Berti non è mai passata.

Dopo una pausa nelle frequentazioni di onorevoli, assessori e consiglieri, per la stretta sui rimborsi spese istituzionali, lo scorso anno sono stati avvistati, per un semplice pranzo sia chiaro, anche i due contendenti alla guida della Regione: il leghista Attilio Fontana e il dem Giorgio Gori, agli stessi tavoli in giorni diversi.

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