Cronaca locale

Borghini: "Quando Milano scelse l'arte per superare l'incubo di Tangentopoli"

L'ex sindaco e l'acquisto della collezione Jucker nel libro di Casimiro Porro

Borghini: "Quando Milano scelse l'arte per superare l'incubo di Tangentopoli"

«Quando il popolo è disorientato, la medicina giusta può essere quella di investire in cultura». Il popolo evocato dall'ex sindaco Giampietro Borghini è in questo caso la città di Milano, che agli inizi degli anni Novanta si svegliò trasformata da capitale morale in culla di Tangentopoli. Eppure proprio in quell'epoca scossa da inchieste telluriche che paralizzarono la politica, il Comune di Borghini riuscì a compiere una specie di miracolo: la più grande acquisizione pubblica di opere d'arte in Italia dopo quella della Pietà Rondanini. Milano e la Collezione Jucker è forse uno dei capitoli più emozionanti del libro Per le strade dell'arte - Ricordi e riflessioni di un protagonista tra mercato e istituzioni» (Ed. Skira) che verrà presentato oggi nella Sala della Passione della Pinacoteca di Brera (ore 18). Il protagonista e autore è Casimiro Porro, co-fondatore di Finarte, la prima e principale casa d'aste italiana. Proprio lui, testimone dagli anni Sessanta dell'evoluzione del mercato dell'arte e della gestione pubblica dei Beni Culturali, fu uno degli attori dell'acquisto da parte del Comune di Milano del fondo di 44 capolavori appartenuti alla famiglia del collezionista Riccardo Jucker. Tra quelle opere, che oggi rappresentano il fulcro della raccolta permanente del Museo del Novecento, figurano pietre miliari della storia dell'arte come il quadro Elasticità di Umberto Boccioni, simbolo della grande stagione futurista; ma anche importanti dipinti di Picasso, di Kandinskji, di Klee, di Matisse e di Braque.

Ma il vero protagonista di quella memorabile operazione fu il sindaco Borghini, presente nel libro di Porro con una illuminante prefazione. «Riuscimmo ad acquistare quella collezione per circa 47 miliardi di lire - racconta al Giornale - una cifra che oggi appare quasi ridicola se si pensa che soltanto il Picasso del 1907 è stato stimato in Usa 180 milioni di euro». I quadri, che dal 1974 erano stati depositati in comodato alla Pinacoteca di Brera, furono nel '90 ritirati dagli eredi Jucker a causa di controversie burocratiche e fiscali con lo Stato, e furono messe a disposizione di Finarte per la vendita. «Non nego che nei molti mesi durante i quali ho avuto in consegna la collezione - scrive Porro - mi pervennero alcune manifestazioni di interesse, ma vere e proprie offerte mai. Naturalmente perchè si trattava di un acquisto impegnativo per qualsiasi privato». Fu a quel punto che intervenne il Comune, grazie all'impegno e alla passione di Borghini. L'acquisto venne decretato a maggioranza con il solo voto contrario della Lega e l'astensione dell'allora Pds. «Fu un gioco di squadra» ricorda l'ex sindaco a cui si deve poco dopo, più o meno per la stessa cifra, anche l'acquisto dell'Ansaldo da parte del Comune: pure in questo caso assai lungimirante. «Porro ebbe un ruolo determinante per la rateizzazione senza interessi della collezione - dice l'ex sindaco - e sono certo che per favorire l'acquisto pubblico Finarte rinunciò a un'importante commissione. Ma decisivo fu anche il contributo di Cariplo, banca già attiva nel mecenatismo culturale, che coprì il pagamento della prima rata». Fu quella un'operazione magica in un momento critico, dice Borghini, «quasi un atto di fiducia nelle istituzioni da parte di una città che non si è mai piegata su se stessa».

E proprio grazie a quell'atto - sottolinea Porro - oggi Milano possiede la più ricca collezione di opere futuriste al mondo, «e là dove la principale avanguardia storica italiana è nata e ha prosperato».

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