Elena Gaiardoni
Non c'è scrittore che non abbia resistito alla malia della luna. Dove c'è la parola c'è la luna, dove c'è un magico senso dei sensi c'è la luna. Ancora meglio se è piena, la bianca pancia del cielo, associata appunto al bacino femminile, all'ispirazione, alla fantasia e all'Oriente.
Ha avuto un'aurora in Cina «La luna piena» di Peppino, locale in via Lazzaro Palazzi numero 9 di culinaria tradizione, soprattutto milanese e manzoniana, motivo per cui è finito su una delle guide gastronomiche più popolari del paese del riso. «Quando pochi giorni fa sono entrati i due ragazzi con la guida, dove ero indicato come uno dei luoghi caratteristici di Milano, mi sono commosso» racconta il gestore del locale che prende il nome dall'osteria «La luna piena» narrata da Alessandro Manzoni nei «Promessi Sposi». Da Peppino si mangia lo spezzatino di Renzo Tramaglino, infarinato e condito come nel secolo dell'Innominato, e il raviolo al gorgonzola, e il risotto alla milanese che è giallo non perché si fa con lo zafferano, ma con il midollo dell'ossobuco che cotto in un certo modo dà al riso il mitico colore della spezia.
Conosce ogni postilla del racconto, ogni ingrediente della storia, ogni sussurro della vita dei tempi del Manzoni, il pugliese sessantunenne che iniziò a fare il cuoco a 6 anni, quando a Trani portava le briosches a cuocersi nel forno a legna.
«Manzoni mangiava, ma soprattutto scriveva, in un'osteria che si chiamava appunto «La luna piena» a Porta Venezia, perché in quel tempo erano lì gli «Oh, bej! Oh, bej!», un mercato giornaliero che chiamava anche molti commercianti veneti, la cui presenza diede il nome alla porta».E tutto questo patrimonio alla fine è volato fino in Cina, grazie a un piatto di spezzatino con intingolo da scarpetta, così buono da abbattere anche la Grande Muraglia.
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