Cronaca locale

Una città "inclusiva" solo a parole

Ferretti (Peba): "Metro e percorsi tattili inadeguati. Folle la pista in corso Venezia"

«In una città in cui vivono bene i disabili, vivono meglio tutti». Questo è un punto di vista consolidato nel mondo delle associazioni che si occupano di persone con disabilità motorie. «Progettare bene significa rendere gli spazi accessibili a tutti» spiega Andrea Ferretti, presidente di Peba Onlus.
Peba è l'acronimo di «piani eliminazione barriere architettoniche». E i «peba» sono strumenti previsti da una legge di quasi 40 anni (la 41 dell'86) e da allora rimasti lettera morta quasi ovunque in Italia. «Circa il 5% dei Comuni li ha adottati - spiega l'architetto Ferretti - il panorama in generale è di grande arretratezza. Il nostro obiettivo è sollecitare i Comuni e aiutarli a realizzare i Piani. Roma per esempio non lo ha. Io me ne occupo da diversi anni - spiega Ferretti - e a Milano la situazione è questa: il Peba è stato fatto in occasione dell'Expo, anche perché in assenza del piano sarebbe stato difficile ottenere la candidatura. Adesso il tema si ripropone in vista delle Olimpiadi, però Milano è fra le città 5% che ha adottato il Peba, un documento che ha fatto una fotografia a 6 anni fa e ha censito circa 4mila interventi da fare per rendere accessibili almeno gli edifici pubblici, poi ci sono norme sulle barriere negli edifici privati e gli adempimenti per le attività commerciali». Nel pubblico, Milano ha fatto una cosa su quattro, in 6 anni. «Ha realizzato circa un migliaio dei 4mila interventi che contava il Peba, mancano opere per 60-70 milioni, né tanto né poco per una città come Milano, bisogna avere la volontà politica».

Nota dolente, le linee del metrò. «Oltre il 40% delle linee 1 e 2 sono inaccessibili, anche se sono stati presi impegni formali in questo senso. Certo, adeguare un mezzanino non è una cosa così banale, e come sappiamo, da quando è entrata in vigore la legge, Atm ha istituito un servizio di terra, a richiesta, per le persone che ne hanno bisogno, un servizio con costi non indifferenti, che va avanti da decenni». «Certo - prosegue Ferretti - il tema è delicato, pensiamo ai tram che hanno ancora i gradini all'ingresso, noi li vendiamo a San Francisco ma qui non sono a norma. Ci sono poi i sampietrini che creano grosse difficoltà a chi ha problemi motori. Certo, sappiamo bene che ci sono questioni storiche e monumentali da tenere presente in una città antica come lo sono quelle italiane, ma occorre buon senso, sapendo che non bisogna mai ridurre il tema delle barriere solo a chi è su carrozzina. Riguarda tutti».

Altro punto debole di Milano sono i percorsi tattili, quelle strisce che rappresentano dei codici per i non vedenti. «Siamo lontani anni luce da una percentuale dignitosa di questi percorsi». E poi lavori stradali, urbanistica tattica e manutenzioni. «L'eliminazione delle barriere passa da un'attenta manutenzione della viabilità, di strade e marciapiedi. Nonostante ci siano norme precise, non sempre accade. Le toppe che spesso vediamo sono un pericolo, quelle appena fotografate a Niguarda, in una situazione che è già sbagliata, sono una cosa oscena, inquietanti». Infine il capitolo ciclabili: «Hanno fatto grande scalpore e noi abbiamo mandato segnalazioni, quella di Porta Venezia in effetti è l'emblema di una progettazione fatta di fretta e con l'impeto dell'agone. È evidente che sono state fatte con pochissimo rispetto non solo della viabilità ma anche dei disabili. Mettere un parcheggio per disabili fra una ciclabile, una pedonale e una corsia carrabile, è una cosa inguardabile, manca lo spazio fisico per far scendere la carrozzina. Che si sia d'accordo o meno, c'è un tema di cose fatte male».

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