È una piazza Duomo silenziosa e commossa quella che saluta il cardinale Carlo Maria Martini nel giorno dei funerali. Seimila i fedeli in chiesa. Oltre 15mila quelli che seguono l'omelia dal maxischermo sul sagrato. Tra loro c'è chi ha prolungato le ferie di un giorno pur di esserci, chi ha chiesto un paio d'ore di permesso dal lavoro. Parecchi i turisti, qualche donna musulmana e numerosi asiatici, incuriositi dalla folla e da una piazza ammutolita e raccolta in preghiera. Tra i gruppi delle parrocchie di Milano e dintorni, ci sono anche alcuni ragazzi israeliani, già a Milano per motivi di studio: conoscono bene il cardinale, che fino al 2008 è stato in ritiro spirituale a Gerusalemme, e vogliono rendergli un ultimo saluto.
Tra la folla c'è chi ha conosciuto Martini di persona e ha diviso con lui momenti non ufficiali prima ancora che diventasse cardinale. Federico e Ornella hanno le lacrime agli occhi mentre raccontano delle giornale trascorse assieme all'amico Carlo in montagna, a Carezza sulle Dolomiti, della sua messa celebrata a piedi nudi sulle rocce, delle cotolette divise a metà a tavola, dei suoi modi impacciati mentre cercava di prendere in braccio i bambini. «Era molto riservato - sorride Federico - e ci metteva almeno un quarto d'ora prima di sciogliersi un po'. Ma poi sapeva far sentire unica ogni persona che gli stava vicino, talmente sapeva dedicarsi a ognuno». Parla di un cardinale «timido e discreto» anche Anna, 70 anni, che con lui ha condiviso preghiere e meditazioni a casa di amici, tanti anni fa. «Nell'omelia di Scola è emerso l'aspetto ecumenico, il saper essere vicino agli animi. Ma non si è parlato nè della Terra Santa nè dei carcerati, che sono altri due aspetti importanti della sua vita».
Parecchi i giovani. «Ci lascia un'idea di chiesa aperta, all'interno della quale sono possibili dei contrasti e dei confronti senza scatenare guerre» è l'insegnamento colto da Pietro, studente di storia all'università. Sara, 35 anni, ha chiesto un paio d'ore di permesso dall'ufficio pur di essere presente. «Voglio salutare di persona un uomo che si è rivolto anche ai non credenti, che ha reso la chiesa più attraente ai giovani, meno distante e più vera».
Laura e Annalia, 43 e 38 anni, arrivano da Rho e, strette nei loro giubbotti antipioggia, trattengono a stento le lacrime sintetizzando l'insegnamento che il cardinale Martini ha lasciato ad ognuna di loro: «Le sue parole ci accompagnano fin da quando siamo adolescenti e ci hanno indicato la strada in un'età molto delicata. Ci ha insegnato a cercare la verità, a lasciarci toccare dal dubbio per rinfrancare la nostra fede. Ci ha insegnato a rispettare chi ha idee diverse, a cercare il confronto».
Giuseppe, 33 anni, assistente di ricerca linguistica all'università, apprezza in particolar modo un aspetto del cardinale: «la sua capacità di essere progressista pur restando all'interno della chiesa, di essere moderno nella tradizione. Mi ha insegnato ad avere fede, nonostante tutto».
E poi c'è Andrea, 25 anni. «Io non sono un grande cattolico - ammette - non vado in chiesa da chissà quanto tempo. Ma ci tenevo a portare omaggio a un grande uomo. Un tipo forte, che ha saputo trasmettere molto anche a chi non crede o a chi crede così così. Ce ne vorrebbero di più nella chiesa di personaggi del genere».
Tra i fedeli c'è anche l'onorevole Gaetano Pecorella che preferisce seguire l'omelia dal maxischermo anziché dall'interno della cattedrale. Al termine della messa il cardinale Scola esce sul sagrato per una benedizione alla folla in piazza. La commozione è palpabile soprattutto nel momento della comunione, in cui tutti cercano di stringere il maggior numero di mani, di incrociare il maggior numero di sguardi. Nessuno è lì per caso, tutti hanno la loro storia personale che li lega, direttamente o no, al cardinale Martini. «Algido, freddo - sintetizza bene qualcuno - ma di un'intelligenza rara con la quale ha saputo arrivare fino al cuore».
In coda sotto la pioggia Ventimila persone ai funerali di Martini
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