Cronaca locale

Il Comune cambia idea: sì a 300 telecamere in città

Due milioni di euro di investimento per installare 274 nuove telecamere in tutte le nove Zone della città «per il videocontrollo a distanza». Una notizia che non avrebbe meravigliato se ad annunciarla fosse stato un paio di anni fa Riccardo De Corato, l'allora vicesindaco della giunta Moratti e assessore alla Sicurezza. «Ma come?», avrebbe protestato l'opposizione di centrosinistra, «basta con questa città militarizzata». Due milioni di euro, si sarebbero indignati, vanno spesi meglio. Così come avevano protestato quando grazie a Ignazio La Russa, colonnello lombardo del Pdl e ministro della Difesa nel governo Berlusconi, partì l'operazione «Strade sicure» che mise 3mila militari a sorvegliare i centri di prima accoglienza per extracomunitari, gli obiettivi sensibili come stazioni, ambasciate e chiese e a pattugliare i quartieri più a rischio. Fu Milano a far la parte del leone, con 653 uomini arrivati a dar manforte a polizia e carabinieri. Ma le divise alla sinistra non piacciono. E così, appena arrivato a Palazzo Marino, il sindaco Giuliano Pisapia fu costretto a pagare il debito contratto in campagna elettorale con l'ala più radicale e sinistra del popolo arancione e i militari scesero subito a 200. Via le pattuglia anche da Niguarda, dove qualche giorno fa un clandestino armato di piccone ha potuto vagare per due ore, ammazzando tre persone e ferendone altre due.
«Milano non è Beirut — tuonò nel giugno 2011 l'avvocato Mirko Mazzali appena eletto nelle liste di Sel - Non ha bisogno di militari nelle strade». E fu premiato da Pisapia con la prestigiosa poltrona di presidente della commissione Sicurezza. Ora, dopo la strage di Niguarda, Pisapia è costretto ad ammettere che per strada son meglio i militari che i delinquenti. Certo, è costretto a una pudica giravolta spiegando agli elettori di centrosinistra che si tratta di presidi fissi e non di ronde. Ma le divise cominciano a dispiacergli di meno. Come non dispiacquero all'ex sindacalista cgil Sergio Cofferati le ruspe che, diventato sindaco di Bologna, mandò a spianare i campi rom abusivi. Per non parlare del primo cittadino di Padova, il bersaniano Flavio Zanonato che tirò su un muro nel ghetto di via Anelli per dividere gli spacciatori extracomunitari dalla gente per bene. Più razzismo di così. Eppure oggi è stato premiato con una poltrona da ministro.
Per dire che un conto è l'ideologia di una sinistra tradizionalmente persa a inseguire Alice in un paese delle meraviglie: quello dove gli extracomunitari sono solo «portatori di nuove culture» (ovviamente al plurale), gli autori di reati predatori (oggi secondo il questore quasi raddoppiati) vittime della società di cui capire il disagio e beceri razzisti gli abitanti esasperati di quartieri saccheggiati dagli abitanti delle baraccopoli, un altro passare dalla protesta troppo spesso ideologica a gestire una città.

Scoprendo che, in fondo, mettere qualche divisa a sorvegliare i quartieri e qualche telecamera in più per strada, è sempre meglio che incontrarci i delinquenti.

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