Per generazioni di tifosi Giovanni Marsotto, padovano di Santa Margherita d'Adige, classe 1934, è stato «The Voice». Un uomo nascosto nell'ombra, la bocca della verità, la Voce di San Siro in persona. Per 38 anni, dal 1972 al 2010, ha annunciato formazioni, da Rivera a Ibrahimovic, da Mazzola a Zanetti, e reclame pubblicitarie, soprattutto quella «cult» degli estintori Meteor, celebre come lo Stock 84 per «Tutto il calcio». Pochi sanno di derby come lui.
Marsotto, si ricorda la sua prima partita speakerata?
«Di sicuro c'era il Milan. Ma contro chi non lo ricordo più».
E il primo derby?
«Nel novembre del 1972. Vinse il Milan 3-2».
Quante partite ha speakerato?
«E chi lo sa... Ad occhio direi quasi 2mila».
La partita indimenticabile?
«Quella inaugurale di Italia '90, i miei primi mondiali. E anche gli unici».
Argentina-Camerun. Decise un gol di Omam-Biyik.
«Lo stadio applaudì la formazione del Camerun e restò muto su quella dell'Argentina. Ma quando dissi Maradona arrivò una marea di fischi».
Trentotto anni sono tanti...
«Si, ma a San Siro ho cominciato a lavorare nel 1958: avevano da poco costruito il secondo anello e il tabellone elettronico non c'era ancora».
E a fare cosa?
«A sistemare le zolle del campo».
Davvero?
«Ricordo ancora il primo giorno di lavoro: mi hanno dato in mano un rastrello, un badile e una vanga».
E come è arrivato a fare lo speaker?
«Il responsabile della Publilancio, che gestiva la pubblicità allo stadio, chiacchierando del più e del meno mi chiese se mi sarebbe piaciuto fare lo speaker. Evidentemente si».
La riconoscono ancora?
«Tanta gente ancora adesso per strada mi chiama signor Meteor...»
A proposito. L'hanno mai ringraziata quelli degli estintori?
«Una volta mi hanno telefonato: lei ormai fa parte della famiglia Meteor, mi dissero...»
Una bella soddisfazione.
«Si, ma purtroppo appena ho smesso non hanno più fatto la pubblicità allo stadio. E hanno pure fallito...»
Chi le è rimasto nel cuore?
«Angelo Moratti, il presidente della Grande Inter. Ogni Natale mi chiamava per farmi gli auguri. Un grande signore».
E poi?
«Nereo Rocco era eccezionale, Carosio il mio vicino di cabina. Inimitabile. Ma anche Mazzola: era spiritoso, sempre alla mano».
E Rivera?
«Era più freddino. Però è l'unico che mi ha sostituito».
In che senso?
«Nel 1979. Prese il microfono in mano sul campo e fece sloggiare il pubblico da un anello inagibile. Fu l'anno della stella».
Le è mai andata via la voce?
«Mai. E mai saltata una partita».
Allenava la voce come i cantanti?
«Macchè. Però mi chiamavano lo stesso la Voce della Scala del calcio...»
Lo è ancora la Scala del calcio?
«E lo sarà sempre...»
Ma l'atmosfera è rimasta quella di sempre?
«Direi di no. Prima andavano le famiglie».
Ma ques'idea degli stadi di proprietà?
«Probabilmente è la strada giusta, ma ci vedo dentro più mercato che passione».
E Milano in mano ai cinesi?
«Beh, per me è stata una bella sorpresa. Se sarà bene o male lo dirà il tempo».
Come vede il derby
«Non c'è più l'entusiasmo di una volta quando l'attesa cominciava un mese prima. Ora ci sono tante di quelle partite che uno non si ricorda nemmeno più. E poi...».
E poi?
«Prima sapevi la formazione della tua squadra a memoria. Adesso c'è un via vai continuo. Quelli che giocano a settembre non sai se saranno gli stessi di febbraio».
Chi le piace oggi?
«Parlano tutti di Donnarumma. Bravo ma è presto. Ai miei tempi si diceva: se son rose...»
Dicono che chi sia sfavorito vinca...
«Ma tra una squadra di ragazzini e una che ha appena cambiato il terzo allenatore chi può dire che lo sia?».
La classifica forse...
«La classifica dice Juve».
Allora è vero che lei è juventino?
«E mia moglie milanista».
Ma questa Juve che vince sempre non ha stufato
«Direi proprio di no».
Ma Milan e Inter torneranno ai livelli della Juve?
«É tutto da vedere. Per ora vinciamo noi».
Andrà a vedere il derby'?
«A San Siro vado qualche volta. É sempre casa mia ma ormai non la riconosco più...»
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