Ecco la poltrona-donna: "Bene che faccia parlare della violenza di genere"

Pesce rivendica il significato della «Maestà Sofferente» in Duomo. Protesta femminista

Ecco la poltrona-donna: "Bene che faccia parlare della violenza di genere"

L'importante è che se ne parli. O, meglio un'opera d'arte è tale solo se provoca, fa discutere, agita gli animi e il dibattito. Questa la filosofia con cui è stata inaugurata ieri l'installazione «Maestà sofferente» in piazza Duomo, a cinquant'anni dalla presentazione di «Up 5&6» di Gaetano Pesce, prodotta da B&B Italia, la poltrona con la palla al piede. C'è chi ha detto che «si poteva fare di meglio», e chi come il sindaco Beppe Sala l'ha apprezzata.

Forme morbide e sinuose, color pelle, che ricordano il corpo femminile, in questo caso trafitto da 400 frecce, a simboleggiare «le violenze, gli stupri, le aggressioni, le continue sopraffazioni di cui le donne sono vittime, in ogni parte del mondo» spiega il designer. Ogni freccia rappresenta un Paese, le bestie che «tengono sotto scacco il corpo femminile» per usare le parole del maestro Pesce, «la ferocia degli uomini e la paura di perdere il potere e il controllo».

«Sono contento che la gente reagisca, c'è chi è a favore, chi è contro, a me sembra naturale che ci sia dibattito. Certi non hanno capito che le frecce sono il simbolo di tutte le offese che le donne ricevono costantemente e ogni giorno. Ci sono donne che non possono uscire di casa da sole in certi paesi, altre che vengono frustate perché hanno ascoltato musica, e non si tratta di un problema di minoranze ma di metà della popolazione mondiale. Non solo, rispetto a cinquant'anni fa, quando disegnai la poltrona, ho l'impressione che la violenza e la segregazione delle donne sia peggiorata: per esempio non è anacronistico che oggi i politici discutano dell'aborto?». «Vorremmo che la Design week - spiega Cristina Tajani, assessore alle Attività produttive e Design - non fosse soltanto una settimana di aperitivi, ma anzi, uno spazio intellettuale, un luogo di confronto, dibattito. La vera essenza della cultura è proprio questa».

«Le polemiche intorno all'installazione sono finte... bella o brutta che sia l'opera è transitoria, quindi non può essere peggiore di quelle palme orrende nell'aiuola - sostiene Vittorio Sgarbi -. Non possiamo pensare che ci sia dietro davvero un messaggio veramente femminista o maschilista, le polemiche secondo me sono finte, qualcuno ha inventato la polemica perché la polemica è importante. Il silenzio è la miglior censura».

Non la pensano così le femministe di oggi, o almeno il collettivo «Non una di meno» che considera l'opera un'ulteriore violenza. «Una rappresentazione della violenza che è ulteriore violenza sulle donne - sentenziano - perché reifica ciò che vorrebbe criticare.

La donna per l'ennesima volta è rappresentata come corpo inerme e vittima, senza mai chiamare in causa l'attore della violenza. E tutto questo senza passare dalla forma umana: alla poltrona e al puntaspilli mancano infatti testa, mani e tutto ciò che esprime umanità in un soggetto. Ma cosa potevamo aspettarci? L'opera è prodotta da un uomo».

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