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Ex azzurri in campo: il rugby «mostra i denti» contro l'omofobia

Luca Fazzo

Tre sessi in campo, per uno sport che fino a poco tempo fa era lo sport macho per eccellenza e che adesso è all'avanguardia nell'impegno contro le discriminazioni di genere: almeno da quando Gareth Thomas, fortissimo e sdentatissimo tre-quarti e capitano del Galles, ha fatto il suo outing, portando allo scoperto la presenza nel mondo del rugby di un anima gay cospicua ed orgogliosa.

Ieri al Parco Forlanini ha fatto la sua prima apparizione milanese il Libera Rugby Club, la squadra romana che per prima ha fatto della coabitazione tra omosessuali ed «etero» la sua bandiera. Ad affrontarla, una selezione milanese comprensiva anche di ex glorie nazionali, guidata dall'ex capitano azzurro Massimo Giovanelli: dotato, salvo ripensamenti, di una robusta reputazione di sciupafemmine, ma perfettamente a suo agio con il paradenti color arcobaleno, simbolo della campagna contro l'omofobia. Altrettanto ben calata nel ruolo Maria Beatrice Benvenuti, il primo arbitro donna approdata a dirigere partite della serie A maschile (e resa famosa dalla brutale aggressione di cui fu fatta oggetto durante un match dal capitano del Vicenza).

«Mostra i denti contro l'omofobia» è il titolo della campagna che ha come obiettivo l'inserimento nello statuto di tutte le federazioni sportive italiane il divieto (già previsto nel regolamento del Coni) per tutti i tesserati - sia club che singoli atleti - di discriminare i praticanti in base all'orientamento sessuale. A questa campagna hanno aderito campioni delle discipline più svariate, dal nuoto (con Luca Marin e Filippo Magnini), al calcio con Marco Parolo, al pugilato con Gianluca Madras.

Sarebbe bastato venire ieri mattina al Forlanini per avere la conferma di quanto, fin dai tempi della antica Atene, dovrebbe essere ovvio, e cioè l'assoluta parità di animus pugnandi tra uomini di diverso orientamento sessuale.

Eppure la battaglia è necessaria, perché - nella inevitabile promiscuità delle mischie e degli spogliatoi - chi oggi rivendicasse apertamente la sua scelta «omo» qualche diffidenza rischia ancora di suscitarla. A meno che non si chiami Nigel Owens, il più celebre arbitro del mondo, gay dichiarato e universalmente rispettato.

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