Michelangelo Bonessa
Quando un'azienda spiega allo Stato come lavorare. Ieri nella torre Allianz di CityLife Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, ha ascoltato con interesse il progetto di dualità scuola-lavoro sviluppato dalla compagnia di assicurazioni. Un'idea così riuscita che Poletti ha già dichiarato di volerne fare un modello per altre imprese. L'iniziativa è stata sviluppata negli scorsi due anni e ha portato 60 ragazzi a lavorare in una delle più grandi aziende europee. Giuseppe, Camilla, Giulia e Daniele erano tra questi e hanno spiegato quanto abbiano imparato volentieri «un altro approccio alla realtà» così come l'uso di programmi di base come Excel o PowerPoint. Hanno anche provato il brivido di uno stipendio: contratto è di apprendistato part-time al 30 per cento e dura due anni, con 7mila euro all'anno di retribuzione più buoni pasto, rimborsi e polizze assicurative. Un modello che permette ai liceali di studiare e nello stesso tempo apprendere conoscenze di base sulla vita in ufficio. «Non un progetto finalizzato all'assunzione, ma formazione per avvantaggiare i ragazzi quando decideranno di entrare nel mondo del lavoro e per fornire alle aziende giovani più preparati ha precisato Maurizio Devescovi, direttore generale Allianz non abbiamo provato l'alternanza scuola lavoro perché questa normativa è più completa». L'alternanza scuola-lavoro e la dualità scuola-lavoro sono infatti due percorsi distinti. Il secondo in particolare, che in Germania esiste da decenni, era stato pensato per le scuole tecniche. E mentre Allianz in due anni, da quando cioè in Italia è stata introdotta la normativa per avvicinare studenti e aziende, ha avviato un progetto ben riuscito e senza costi per lo Stato, Poletti ha dovuto difendere l'alternanza: «È sbagliatissimo giudicare dopo soli due anni, ci vogliono almeno due cicli: è come seminare a ottobre e sollevare la zolla prima di giugno per controllare gli sviluppi ha provato a giustificare gli evidenti limiti dei programmi governativi noi stiamo creando un'infrastruttura: per gennaio metteremo in campo i primi 300 tutor pubblici, un lavoro che non esiste al momento, e presto arriveremo a mille». Quindi nello stesso anno il privato ha avviato un modello esportabile, lo Stato ha stanziato decine di milioni di euro per avere alcuni risultati positivi.
E molti discutibili per una legge giudicata «incompleta» da chi dovrebbe usarla. Per il ministro però è una macchina che sta partendo e quindi bisognerà aspettare fino al 2020 per trarre conclusioni. Nel frattempo si stanziano soldi e si prende spunto dai buoni progetti del privato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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