Gran successo alla Scala, domenica scorsa, per il recital del mezzosoprano Joyce DiDonato. Applausi, standing ovation, bis, lancio di mazzi di fiori, e lei che fra un'aria e l'altra parla con il pubblico con la spontaneità della donna del Midwest. Insomma ritorno in gran stile per questa cantante dalla personalità incandescente, e anche per questo rossiniana votata. La DiDonato è superba proprio quando alla voce si richiede elasticità, arrampicate negli acuti, virtuosismi, iperboli barocche e preromantiche. Il tutto accompagnato da una squisita musicalità e capacità di stare in scena. Il mix di bravura e facile comunicativa che domenica l'ha salvata dalle forche caudine di certo loggione sempre pronto a scatenarsi quando alla Scala osano misurarsi col pesante passato le dive del canto d'ultima generazione. Non passò la prova, per esempio, Cecilia Bartoli, mezzosoprano fra i più quotati e remunerati, eppure fischiata e buata lo scorso dicembre. La DiDonato ha giocato la carta dell'effervescenza delle arie di Rossini a contrasto con la sinuosità francese di Fauré ma pure dell'inglese Michael Head. Ha conquistato il pubblico con le armi dell'ugola e pure con quel suo modo di porsi fuori dagli schemi (ingessati) della Scala.
È bravo questo mezzosoprano ad alimentare la Joyce DiDonato Company. Come lei stessa osserva, con franchezza disarmante, la JdD è una piccola impresa che lei amministra, curando l'ufficio marketing, comunicazione, import&export...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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