I diktat delle multinazionali e i costi della tecnologiala storiaAnche per gli orologiai milanesi è l'ora della crisi

I diktat delle multinazionali e i costi della tecnologiala storiaAnche per gli orologiai milanesi è l'ora della crisi

Il tempo che scorre è la loro specialità. Regolare e silenzioso in un cerchio dove tutto, piccolo piccolo, fa la sua parte. Gli orologiai formati dalla Regione Lombardia sono talmente qualificati che in Svizzera (patria della precisione, in fatto di orologi) trovano il lavoro che qui non c'è, e sono sempre più invogliati a emigrare.
Il settore però sta accusando colpi ancora più forti. Ed è per questo che l'Associazione orafa lombarda ha organizzato un dibattito tra i suoi professionisti: Rodolfo Saviola (rappresentante degli orologiai), Rino De Feo (consigliere dei dettaglianti), Rinaldo Cassani (docente di orologeria al Politecnico del Commercio), Mario Peserico (presidente Assorologi), e Marco Donzelli (presidente Codacons). Il mercato degli orologi richiede da oltre cinquant'anni assistenza e interventi svolti regolarmente da 24mila negozi e 5mila orologiai. Da qualche anno, però, la categoria lamenta gli imperativi delle multinazionali, le quali distribuirebbero col contagocce le forniture necessarie per le riparazioni degli orologi. Veti, prove di idoneità alle quali gli orologiai devono rispondere tempestivamente (e che troppo spesso cambiano, lasciandoli spiazzati): caratteristiche senza le quali i professionisti non avranno l'autorizzazione delle multinazionali a ricevere le forniture, e quindi (soprattutto) le forniture materiali. «Per esempio - spiega Andrea Sangalli, presidente dei dettaglianti dell'Associazione orafa lombarda - ci impongono tecnologie molto aggiornate, che però potrebbero essere modificate l'anno successivo; o corsi di formazione che ci prepariamo a seguire, ma poi non sono disponibili».
Chi si ritrova con un orologio delicato (e magari pregiato) da riparare, spesso è costretto a rivolgersi proprio alle multinazionali: e i costi sono piuttosto alti, come in tutti i casi in cui l'occorrente per risolvere un problema si trova in poche, pochissime mani. «La nostra categoria - prosegue Sangalli - ha sempre subìto la logica del Divide et impera: ognuno ha lavorato per conto suo. Se invece l'orologiaio singolo riuscisse a consorziarsi, si riunisse in categorie, il dialogo con le grandi società sarebbe più facile. Il massimo sarebbe un albo, ma l'Unione Europea non ne vuole più, e a noi, a questo punto, è sufficiente un'associazione che funzioni». Gli obiettivi dell'Associazione Orafa Lombarda vanno verso parametri più obiettivi e universali (anche in fatto di strumentazione) in base ai quali assegnare le licenze che servono a svolgere il proprio lavoro; macchinari che tarino, per esempio, precisione e impermeabilità di un orologio, e che siano uguali, e possibilmente stabili, proprio per tutti.

Le case orologiaie dispenserebbero così - si spera - più possibilità di portare al polso orologi di qualità e soprattutto funzionanti, a prezzi più moderati e confrontandosi direttamente con l'orologiaio. L'ennesimo mestiere che si forma e si specializza a spese del nostro Paese per trovare da vivere altrove. A dirla con un gioco di parole: il perfetto segno dei tempi.

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