Insulti e minacce di morte ai leader gay. Ma è impossibile trovare i responsabili

Arenata l'indagine sui messaggi violenti arrivati in rete ai «Sentinelli»

Insulti e minacce di morte ai leader gay. Ma è impossibile trovare i responsabili

È destinata a restare senza colpevole la lunga serie di insulti e di minacce a sfondo sessuale e politico, recapitati via Internet a una delle realtà più importati del mondo gay milanese. Le decine di messaggi arrivati a Luca Paladini, leader del gruppo de I Sentinelli hanno messo in allarme la Procura della Repubblica, che ha indagato a lungo per identificare gli autori: anche perché la virulenza dei testi era tale da far temere che dalle aggressioni verbali («sputerai tutti i denti e tutto il sangue di merda che hai in corpo») si potesse passare alla violenza fisica. Ma i tentativi di dare un nome ai responsabili si sono scontrati contro i trucchi insormontabili impiegati dagli autori per non venire rintracciati. È un risultato che in realtà aumenta le preoccupazioni, perché dimostra che dietro la campagna di minacce non c'era un fanatico qualunque bensì qualcuno in grado di nascondere le proprie tracce con accortezza non comune.

I messaggi a Paladini e al suo compagno sono iniziati ad arrivare nella primavera scorsa, dopo una serie di iniziative contro l'omofobia lanciate dai «Sentinelli». A insulti di vario genere Paladini (che è stato anche candidato per il centrosinistra alle ultime elezioni amministrative) ha fatto il callo. Ma qui si era decisamente passato il segno. L'inchiesta del pm Alberto Nobili, capo della sezione antiterrorismo della Procura, venne assegnata al sostituto procuratore Leonardo Lesti. Ed è Lesti che nei giorni scorsi si è dovuto sostanzialmente arrendere. L'inchiesta a carico di ignoti rimane formalmente aperta, nella eventualità che un passo falso dei responsabili apra delle chanche di successo.

I messaggi inviati ai «Sentinelli» provengono da mittenti sempre diversi, ma la convinzione degli inquirenti è che dietro gli pseudonimi si celi sempre lo stesso autore. C'è stato un momento in cui la individuazione dei responsabili sembrava cosa fatta e due nomi erano finiti nel mirino degli inquirenti: ma si è rivelata una falsa pista. Nel frattempo i messaggi continuavano ad arrivare, e dalle minacce ai due leader sono passati a tirare in ballo anche le famiglie: «Se a te non importa nulla di tua madre valuteremo una visitina a casa sua, prenderla a martellate e lasciarla esanime per terra».

Le indagini di Digos e Polizia postale si sono scontrare dapprima con la necessità di richieste di assistenza all'estero, nei paesi dove hanno base i provider utilizzati dagli autori, e

successivamente con la scoperta che i mittenti utilizzavano i cosiddetti thor, dei servizi di anonimizzazione in grado di rendere impossibile risalire fino all'indirizzo Ip (cioè al computer) utilizzato per creare l'account.

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