«Io, la figlia della marchesa sono un dramma da ridere»

Ippolita Baldini torna in scena con la prima parte dell'esilarante saga: «Così ho tradito l'alta borghesia»

Mimmo di Marzio

«Signori si nasce e io modestamente lo nacqui», diceva il principe Antonio de Curtis, uno che di teatro se ne intendeva. E il sangue blu è un archetipo che si presta alla comicità di razza, quella che tra farsa e tragedia mette a nudo le miserie umane e gli equivoci della vita. La nobiltà «2.0» è stato lo spunto che ha regalato al teatro il talento di Ippolita Baldini, nuovamente in scena al teatro della Cooperativa con il suo monologo Mia madre è una marchesa, primo episodio di una saga che vedrà presto in cartellone anche la seconda puntata. La marchesa, personaggio autobiografico e in qualche modo alter ego dell'attrice, è la metafora di un viaggio semiserio verso la verità che, per essere davvero tale, deve rompere schemi e sovrastrutture: quelli familiari e sociali, anzitutto. Nello spettacolo scritto con Emanuele Aldrovandi con la regia di Camilla Brison, Ippolita inventa la parodia del rapporto con una madre aristocraticamente delusa nelle sue aspettative verso una figlia che sceglie di fare l'artista. «È la mia storia - racconta l'attrice - ma in fondo incarna in maniera grottesca un dramma che accomuna tutte le madri nella storia dell'umanità: la paura e le attese sul futuro della propria figlia». Ma di un dramma si ride? «Soprattutto si ride - dice la Baldini - perchè è soltanto dalle tragedie più grandi, in questo caso quella di una figlia allo sbando, che può nascere l'ironia intelligente, quella con la i maiuscola».

Ippolita affronta volentieri la ripresa di questo spettacolo, malgrado nell'ultimo anno sia stata impegnata in altri progetti tra cui il fortunato spettacolo L'ho fatto per il mio Paese, tragicommedia scritta da Antonio Cornacchione insieme a Francesco Freyrie e Andrea Zalone, già autori di Maurizio Crozza. E malgrado sia reduce dal montaggio della «Marchesa 2» che ha già debuttato a Lodi il giorno della festa della donna. «Il fil rouge, e anche la verve comica, sono gli stessi - dice l'attrice - Nella prima piéce sono presenti tutti i paradossi dell'uscita dal marchesato di una figlia degenere che, con la scelta del teatro, sconquassa tutti gli equilibri consolidati dell'alta borghesia.

Nella seconda parte invece, ecco la nostra eroina che, nella ricerca spasmodica di una nuova famiglia (beninteso lontanissima dai canoni tradizionali), mette a nudo tutto il suo essere banderuola, sempre pronta ad invaghirsi di un nuovo ideale». Ma intanto il tempo passa e la mamma marchesa, ormai lontana ma proprio per questo sempre più presente in ogni nuovo luogo, ricorda sempre più l'indimenticabile jewish mother delle New York Stories di Woody Allen.

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