Yuri Bashmet, 65 anni, violista, uno dei maggiori interpreti della scuola russa e virtuoso senza pari del suo strumento, stasera si esibisce e dirige i Solisti di Mosca al Conservatorio «Giuseppe Verdi» nella stagione delle Serate Musicali.
Lei è uno dei rappresentati del «solismo» del '900: che cosa pensa dei suoi eredi di oggi rispetto alle capacità tecniche e interpretative della vostra generazione?
«Il livello tecnico sta crescendo vertiginosamente, rispetto all'epoca in cui ho iniziato a suonare. Mi sono fatto quest'idea dopo aver tenuto masterclass a Mosca, Siena, sull'Isola di Man, oltre che in veste di giurato del Ciaikovksij International Competition e del Tertis Competition».
Cosa augura ai musicisti della nuova generazione?
«Ogni passaggio dell'esecuzione necessita di un carattere emotivo e un colore connesso al mondo dell'autore eseguito (il suono brahmsiano e quello schumaniano devono essere completamente diversi, per esempio). Ciò è impossibile senza un grande lavoro preparatorio, sia sul piano dell'anima sia sul piano tecnico. Ma un grande solista può e dovrebbe anche improvvisare, sul palco, durante un'esecuzione pubblica: è questa anzi una condizione affinché la grande musica resti viva».
Lei ha sdoganato la viola che è diventato strumento protagonista. Chi sono i compositori che hanno scritto per lei e che rapporti ci sono stati con loro?
«Hanno scritto per me Alfred Schnittke, Sofia Gubaidulina, Giya Kancheli, Edison Denisov, John Tavener, Alexander Tchaikovsky, Andre Previn, Toru Takemitsu».
Lei suona e dirige, quali sono le difficoltà di questo doppio ruolo?
«Non è facile dirigere dopo aver eseguito un brano solistico, perché sono due modi e sentimenti di lavorare con le mani molto diversi. Le mani vanno riscaldate prima del concerto, ma non prima della propria esibizione. Questi due ruoli sono due lati di un'unica professione. Il musicista».
Stando ai numeri sembra che a lei piaccia fondare festival (17 in tutto)? Qual è stato quello del cuore? Ce n'è un altro in arrivo?
«Il suo calcolo è corretto, se consideriamo l'intera carriera. Al momento però solo 12 sono attivi. Il mio preferito è quello a cui sto lavorando ora. Per far funzionare un festival, devi amare non solo il processo di creazione ma anche quello evolutivo. Ogni rassegna ha la sua fisionomia. Il Sochi winter festival of Arts è il maggiore di tutti, oggi. Cogneliano ha una vocazione e uno charme cameristici. Come accade coi figli, li amo tutti. Il mio prossimo sartà in aprile in Russia».
Lei viene spesso in Italia, a Conegliano Veneto, patria del Prosecco...
«E di tutto. Gente, cultura, cucina! Credo che italiani e russi si assomiglino molto, sul piano caratteriale: aperti, caldi, emotivi. Mi sento me stesso in Italia, mi sento a casa».
Stasera suona in Conservatorio per le Serate musicali: ha un rapporto trentennale con questa stagione. Un bilancio e un aneddoto.
«La nostra collaborazione è davvero lunga. E mi ha regalato un amico. Suonare l'Arpeggione di Schubert con Hans Fazzari ci ha legato come migliori amici».
Il programma è affascinante: lo vuole presentare lei?
«Sono tutti capolavori, ciascuno con il proprio carattere. Sono musiche che amo e sono felice di includere le Visioni Fuggitive di Prokofiev, nell'arrangiamento per viola del grande violista e direttore Rudolf Barshai, che fondò la Moscow Chamber orchestra».
La viola, sua «compagna» di vita. Che strumento è?
«La mia viola è stata costruita da Paolo Antonio Testore (scuola di Milano) nel 1758. Per questo motivo qui suona così bene: è la sua terra».
Cosa fa Yuri Bashmet nel tempo libero?
«Frequento i miei amici».
Concerti e progetti?
«Ho in programma alcune serate a Mosca e suonerò nella produzione teatrale ll Piccolo Principe, di S. Exupery, in cui dirigo i Solisti di Mosca. Poi una tournée in Israele.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.