Cronaca locale

L'apocalisse della luce nel tempio dei Visconti

L'apocalisse della luce nel tempio dei Visconti

L'Apocalisse della Luce, la Rivelazione, s'aprirà un giorno dal Duomo. «Quando la città sarà libera, la mia Casa sarà splendida e alta al punto esatto e la Pietra di Luce rifulgerà alla sua sommità, il Cielo e la terra si uniranno in una cosa sola». La prima pagina di questo «giallo» risale all'anno domini 1447, quando un ragazzo di nome Niccolò, figlio illegittimo di Filippo Maria Visconti, viene allevato all'interno della chiesa milanese da una Confraternita che agisce in segreto per realizzare tramite la pietra filosofale la grande opera: ricongiungere l'uomo a Dio.
La storia è raccontata da Daniela Piazza, savonese, docente di Storia dell'Arte, al suo esordio narrativo con «Il tempio della luce», Rizzoli editore. «Milano è una città magica con le sue leggende legate alla Cattedrale e a Sant'Ambrogio - spiega l'autrice cinquantenne -. Dobbiamo iniziare a sradicarla dallo stereotipo che la relega a centro degli affari, per donarle quell'atmosfera antica e intrigante che si merita. Il Duomo è la più gotica e maestosa chiesa d'Italia, l'unico monumento religioso ad emanare lo spirito del soprannaturale che lascia sopraffatto l'essere umano».
Niccolò vive la sua infanzia tra le navate, le guglie e le terrazze. Si innamora della giovane borghese Angelica e vorrebbe seguire la sua vocazione artistica, ma il dovere di salvare Milano, governandola saggiamente, sembra essere il destino a cui il mondo lo chiama. Il destino: la vocazione superiore che spesso ci porta verso destinazioni necessarie benché non volute. E' proprio questa accettazione di un disegno superiore alla nostra volontà che apre nell'animo il sentiero verso il divino. Divino, argomento delicato, controverso in quest'epoca di trasformazione, presenza ancestrale in tutte le epoche. Lo Spirito soffia più nell'uomo o nella donna? «La donna ha un istinto primigenio che la porta a scavare nella stanza più arcana della sua interiorità. Volevo inserire una figura femminile nella Confraternita, sarebbe stato un giusto passo, considerata l'arretratezza con cui è ancora visto il femminile negli ordini religiosi. Ho preferito non farlo, perché già con la figura di Angelica, emancipata, desiderosa di studiare, mi hanno accusata d'aver scritto un libro femminista. Dal punto di vista religioso, la parità tra uomo e donna è ben lontana, siamo rimasti al 1447. E pensare che proprio il Duomo è una cattedrale femminile, dedicata a Maria Nascente, che sorge tra l'altro nella zona dove prima c'era un bosco sacro con un lago dedicato alla dea celtica Belisama, la dea madre, e poi un tempio di Minerva. Forse anche per questa sua femminiltà la cattedrale ha tanto fascino». Daniela Piazza ha dedicato «Il tempio della luce» alla madre, morta venticinque anni fa. Anche grazie a lei ha scoperto l'unicità di Milano. «Mia madre era di Colonia, dove c'è un Duomo che assomiglia a quello di Milano». Perché il protagonista Niccolò non ha una mamma? «E' una domanda a cui anch'io non so dare una risposta. Sto scrivendo un'altra storia e anche in questa il personaggio principale non ha una discendenza femminile. Lo so, è una cosa strana, ma mi sono accorta di non riuscire a dare una «maternità» alle mie creazioni».

E forse Daniela Piazza mette senza volerlo il dito nella piaga: noi siamo facilmente femministe, nel rivendicare la forza delle donne, ma perché siamo così femminili, ovvero incapaci di dare alla madre, donna con cui le donne sono spesso in conflitto, la forza che si merita? Meditazione a cui il Duomo invita con la sua Madonnina d'Oro che sfolgora nella luce.

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