Mimmo di Marzio
Addio capannoni industriali e asettici «white cube», espressione in voga nell'arte d'oggi per definire luoghi-contenitori di mostre. Oggi l'arte contemporanea ha bisogno di storicizzarsi e «quotidianizzarsi» e dunque cerca confronti con il passato. A tracciare il solco è ancora una volta Massimo De Carlo, il più importante gallerista contemporaneo italiano, da 30 anni sulla breccia internazionale, tra Milano e il mondo intero a esporre artisti oggi presenti nei maggiori musei. Lui, che con la sua galleria fece da capofila alla riscoperta della «distretto di via Ventura» nel quartiere Lambrate (oggi meta di artisti e designer), inaugura in questi giorni la sua nuova sede nella storica Casa Corbellini-Wassemann di viale Lombardia 17 che negli anni Trenta fu commissionata da un'importante famiglia di imprenditori all'architetto razionalista Piero Portaluppi. Sarà l'edificio rivestito in marmo grigio e rosa su cui si inerpica un'elegante scala elicoidale ad ospitare d'ora in poi le mostre dei grandi artisti contemporanei del globo, da Maurizio Cattelan a Carsten Holler, da Matt Mullican a Urs Fischer. L'operazione, figlia di una lungo restauro tutelato dalla Sovrintendenza, giunge dopo l'apertura nel 2016 di un'altra sede nelle sale settecentesche di Palazzo Belgioioso. Un percorso che De Carlo spiega con il mutamento dei tempi. «È giunta l'ora che l'arte contemporanea esca dalle torri d'avorio e si confronti con la normalità e anche con il passato - dice - e i palazzi storici, così come i musei, recano spesso la firma di grandi architetti con cui è giusto entrare in dialogo senza paura. Un confronto diverso di cui, forse, hanno bisogno anche i collezionisti...». Non è un caso che proprio De Carlo abbia recentemente esposto i suoi artisti all'interno di una esclusiva fiera di design in Engadina, tra arredi vintage e manufatti del Novecento. «C'è qualcosa dell'antico di cui oggi ha bisogno il contemporaneo così come, viceversa, l'arte antica ha bisogno della visione e dell'energia dei contemporanei. Anche se, per la mia esperienza, restano due settori del collezionismo molto diversi». Già, il collezionismo, uno dei pochi mondi che pare rimasto immune alla crisi e alle recessioni. Anzi, il gallerista milanese è testimone di un mercato che in 30 anni è diventato più vasto e florido. «Una volta i collezionisti d'arte contemporanea rappresentavano un'elite, per la maggioranza figlia della grande imprenditoria. Oggi in galleria vengono diverse tipologie di compratori, quelli che credono a un collezionismo di investimento, quelli entusiasti di portasi a casa un trofeo, e quelli convinti di partecipare alla vita culturale della società e che, solo occasionalmente, acquistano un'opera». Immuni ala crisi, dunque. «Fino a un certo punto, perchè il collezionismo d'arte è sempre stato un fenomeno figlio di un piacere scevro da preoccupazioni. E oggi, quantomeno in Italia, il contesto non è certo invitante...». Sarà per questo che tanti collezionisti italiani preferiscono acquistare alle fiere estere, non solo per moda. «Beh, non si può negare che esistano in Europa grosse sperequazioni - dice De Carlo - Uno stesso quadro, acquistato in Francia, viene venduto con un'Iva inferiore della metà che in Italia». Ma anche l'esterofilia è un leit motiv da superare. «Il mercato dell'arte italiana ha molto da dire - dice De Carlo - In fondo pochi Paesi come il nostro, possono vantare autori importantissimi come Fontana, Manzoni, Boetti, Burri, Schifano, Penone eccetera; e anche nelle fiere d'arte italiane la platea dl pubblico si è molto allargata negli ultimi anni».
De Carlo, che proprio oggi inaugura una mostra personale dell'artista Xu Qu, restò famoso al grande pubblico per la performance di Maurizio Cattelan che lo appiccicò letteralmente al muro con metri di scotch. Quella sera il gallerista appeso si sentì male. «È vero, ma non fui ricoverato in ospedale come racconta Cattelan. Comunque se tornassi indietro lo rifarei...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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