L'arte delle metamorfosi nelle maschere di Fliri

Alla galleria Cortese, personale dell'artista altoatesino che indaga sull'identità, tra scultura e performance

L'arte delle metamorfosi nelle maschere di Fliri

Nel panorama artistico milanese, i segnali più interessanti provengono ancora una volta dal mondo delle gallerie, nei casi migliori territorio di ricerca e proposta delle personalità più interessanti. Per gli appassionati di arti visive e performance una vera chicca arriva dall'appena inaugurata mostra di Michael Fliri, giovane ma già blasonato artista altoatesino, negli spazi di Raffaella Cortese in via Stradella 4. In mostra vi è la sintesi di un percorso approfondito su natura e identità che l'artista ha portato avanti in questi anni attraverso tutti i linguaggi: la scultura, la performance, la fotografia e il video. Lo spettatore viene accolto in una sala in cui campeggia una fila di maschere tribali, solo apparentemente simulacri archeologici, e gigantografie che riprendono in primo piano il volto dell'artista ricoperto da sagome trasparenti che rievocano l'iconografia geologica dei ghiacciai. In un video, queste stesse sagome sono manipolate dall'artista proiettando su un telo un gioco di ombre che ricorda l'antica tradizione del teatro cinese.

Il lavoro di Fliri, poetico e visionario nella sua dimensione estetica, è in realtà il frutto di una raffinata ricerca concettuale che analizza valori pregnanti come quello dell'identità individuale e delle identità territoriali, una dialettica quanto mai attuale in chiave sociologica e politica. Le maschere tribali disposte lungo la vetrina della galleria, icone di culture primitive dei vari sud del mondo, nascondono un «sottotesto teatrale» dato dal calco del volto dell'artista stesso realizzato nella parte concava, cioè interna, della maschera. «Trasformazione per me significa nuove possibilità, nuove opportunità dice l'artista Tutto è in movimento e non è definito. L'idea del non definito è quella che mi interessa di più». Il gioco della metamorfosi, del travestimento e della messa in scena dell'artista come oggetto di indagine, rappresenta del resto un tema cruciale affrontato da alcuni dei maggiori artisti del Novecento. Dalle avanguardie storiche alla Body art, la maschera è stato lo strumento con cui l'artista si è fatto attore protagonista dell'opera e al contempo spettatore della dissociazione del proprio io proiettato all'esterno.

In questa ricerca, vere pietre miliari sono state le sperimentazioni di Marcel Duchamp ritratto da Man Ray nel suo alter ego Rrose Sélavy, e ancora i Self portait in Drag di Andy Warhol, i tableau vivant di Luigi Ontani, fino ai travestimenti barocchi di Cindy Sherman. Una ricerca, quella sull'alterazione dell'identità, tutt'altro che esaurita e che nelle azioni di Michael Fliri assume forme liriche e vagamente nostalgiche.

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