L'ex Pfm Mussida, dal rock alla scultura

Una mostra in due atti per raccontare l'incanto che solo la musica sa regalarci. Il titolo è «Musica: respiro celeste. Aspetti di musica ignorata messi in mostra», da domani al 28 giugno all?illy Artlab del Teatro dell'Arte in Triennale, tutti i giorni dalle 10 alle 23, a cura di Martina Corgnati. La firma è quella di Franco Mussida, mago delle sei corde, compositore e cofondatore della Premiata Forneria Marconi, formazione che negli anni '70 era sinonimo di ricerca musicale combinata a grande virtuosismo tecnico. «Chi ascolta musica -scrive Mussida in una nota di accompagnamento all'esposizione- respira amore vibrante organizzato». Ma che vuol dire? «Gli uomini sono antenne emotive capaci di captare il mondo, facendosi attraversare da suoni che si trasformano in sentimenti. La musica è come una carta carbone delle emozioni», ci spiega. Niente di più vero. Quante volte le note di una canzone hanno accompagnato momenti indimenticabili della nostra esistenza? E perché quei suoni sono rimasti indelebili dentro di noi? La risposta di Mussida ha del mistico, quasi ancestrale: «Musica è sentirsi toccati da una magia collettiva legata al mondo vibrante, sentirsi parte di qualcosa di più grande. La musica non è mai banale, anche se a volte ne facciamo un uso superficiale». È ciò che svelano i due momenti della mostra (catalogo Skira), concepiti una stellare sinfonia dell'universo: «Nel primo atto i protagonisti sono suoni e visioni di sculture come soli-stellari, con incisioni che rimandano ad una poetica delle forze emotive archetipiche, e steli di mattoni che si alzano da terra». Tredici opere in cielo e altrettante in terra di ceramica ricoperta d'oro, argento e rame concepite da un Mussida perfettamente a proprio agio nei panni dello scultore-filosofo. Molto importanti gli intervalli, con rintocchi messi in atto dal passaggio dei visitatori. «Ogni intervallo si attiva solo quando una presenza umana si avvicina. Senza pubblico, lo spazio è pervaso da un magico suono siderale, creato con la parte superiore delle distanze musicali». Proprio l'uomo, nella sua essenza più profonda, ci porta dritti al secondo atto, che svela l'anima didattica di Mussida, artista che vede nell'arte un servizio. Molto noto per la sua attività anche nei luoghi del disagio, è persuaso che l'arte migliori la nostra vita. Quando lo raggiungiamo è reduce da un pomeriggio di insegnamento in carcere, e non lo diciamo per caso: Mussida, infatti, ha concepito il secondo momento della mostra come un'audioteca CO2, un progetto finanziato da Siae con il ministero della Giustizia che ha lo scopo di portare la musica nei luoghi di detenzione.

«È la copia di altre quattro, già presenti in altrettante carceri italiane - Opera, Monza, Rebibbia femminile e Secondigliano - e non è organizzata per generi musicali, ma per 9 stati d'animo prevalenti. C'è di tutto: da Satie a Mahler, dai Beatles alla canzone napoletana».

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