Cronaca locale

Da Matisse a Bacon Se il Novecento ci mette la faccia

Squadra che vince non si cambia. E allora, in tempi di vacche magrissime per la cultura e nell'impossibilità di produrre alcunchè, la Milano delle mostre battezza la nuova stagione con uno schema già sperimentato con successo, quantomeno in termini di numeri: i prestiti dalle collezioni dei musei d'oltreconfine. Così, all'indomani dell'inaugurazione a Palazzo Reale degli artisti americani del Whitney Museum di New York e dopo il grande successo di pubblico della mostra del Museo Picasso di Parigi, è ancora la Ville Lumiére a deliziarci con un nucleo di capolavori, provenienti questa volta dal Centre Pompidou. Il tema, quello del ritratto occidentale, ci rimanda ad un altro grande successo di Palazzo Reale che risale ormai a 15 anni fa, l'«Anima e il volto, da Leonardo a Bacon» a cura di Flavio Caroli: 350 capolavori e oltre 200mila visitatori. Altri tempi e altre casse. La mostra che inaugura oggi a cura del conservatore parigino Jean Michel Bouhours si intitola invece «Il volto del '900, da Matisse a Bacon» (catalogo Skira) e propone uno sguardo su quanto le avanguardie hanno saputo dire in merito a un tema mai passato di moda nella storia dell'arte; basti pensare che nella capitale europea dell'arte contemporanea - Londra - la National Portrait Gallery indice un premio internazionale con cadenza annuale per i giovani artisti più innovativi nel campo del ritratto. Ma la mostra di Palazzo Reale è di quelle buone per tutti i palati e il successo è assicurato: ottanta opere degli europei più blasonati del '900, da Picasso a Magritte, da Mirò a De Chirico, da Matisse a Modigliani. Per dare una struttura il più possibile didascalica, l'esposizione è stata suddivisa in sezioni. La prima si intitola «I misteri dell'anima» e prende in esame il ritratto nell'arte ai tempi di Freud, dove il volto diventa un palcoscenico di desideri inconsci e fragilità soggettiva; in mostra espressionisti e «fauve» come Matisse, Beckmann, Bonnard e Valadon. La sezione dedicata agli «Autoritratti» approfondisce il tema dell'introspezione e, attraverso gli esperimenti formali di diverse correnti - tra espressionismo, cubismo e futurismo - ospita opere significative di de Vlaminck, Severini, Van Dongen, Bacon e Zoran Music. Spazio alla scultura nella terza sezione che mette in luce quegli artisti che nel secolo breve hanno stravolto i canoni classici della bellezza trasfigurandola con la lezione primitivista. Forme insolite e di grande effetto sono le «teste» di Brancusi, Gonzales, Derain e Laurens, ma anche le scomposizioni pittoriche di Valerio Adami, Léger e Picasso. L'inconscio freudiano torna prorompente nella sezione dedicata ai surrealisti, dove il volto dell'uomo si fonde ed è tutt'uno con gli archetipi del sogno: immancabile Magritte, di cui è esposto il celebre ed enigmatico Ritratto di Georgette con bilboquet, e poi opere di Max Ernst, Mirò e Masson.

La figura inizierà poi a dissolversi totalmente e allora chiudono gli artisti che, da Bacon a Giacometti, hanno frantumato la forma come specchio del disagio esistenziale.

Commenti