"La mia casa? Da otto anni è l'aeroporto"

Emilietta, 73 anni, vive a Malpensa dal 2005 e sogna di tornare nel suo Paese: Mauritius

"La mia casa? Da otto anni è l'aeroporto"

Sembra che stia per partire da un momento all'altro. In realtà è ferma a Malpensa da otto anni. Vive lì. Cesira Ton, che tutti chiamano Emilietta (nella foto), 73 anni, ha creato il suo cantuccio tra le poltroncine degli «arrivi» e si confonde - discreta - tra la folla dei passeggeri che transitano per il terminal 1. Tre grosse valigie, un paio di coperte, una trousse: ecco, questa è la sua casa, resa più accogliente da una piccola stella di Natale che un amico le ha regalato durante il concerto degli Alpini di dicembre.
Emilietta profuma di borotalco: ogni sera si lava nei bagni dell'aeroporto, silenziosa, senza che nessuno si accorga di lei. «Non sono mica una barbona io» dice, con la cipria sulle gote e il rimmel sugli occhi. «La notte stiro pure e mi cucino risotto e pastasciutta sul mio fornelletto portatile. A volte mi metto perfino a fare il limoncello, viene una delizia». Apre uno dei suoi borsoni e mostra la biancheria e le lenzuola perfettamente pulite e ripiegate. Ogni sera le srotola su una delle panchine di marmo dello scalo e si accuccia per dormire un po': «Mai più di qualche ora, qui c'è sempre parecchio via vai».
Lei non dà fastidio a nessuno e nessuno dà fastidio a lei. «Aspetto solo di partire, di tornare alle Mauritius. E questo è il posto più vicino a casa mia». Tuttavia la questione non è così semplice: laggiù Emilietta ha due figli, Oscar e Cristian, ma, racconta lei, non riesce a tornare perché il governo mauritiano l'ha inserita nella lista nera per via di un permesso di soggiorno scaduto tanti anni fa.
«Chiedo solo di avere un permesso da turista, nulla di più». La sua telenovela non sembra affatto vicino a una svolta, ma lei non molla: «Da qui non mi muovo, solo qui mi sento libera. Se non posso avere la mia casa, voglio almeno la mia dignità». E così l'anziana signora ha rifiutato le offerte di aiuto, ha detto no al ricovero in istituto e cerca di essere indipendente in tutto e per tutto. Va avanti con la sua pensione da 600 euro e cerca di farsela bastare, inviando, appena può, qualcosina anche ai figli in Africa.
Durante il giorno Emilietta guarda i turisti che le passano accanto e scruta quelli che tornano dalle vacanze alle Mauritius. «Hanno l'abbronzatura più bella di tutti - sorride commossa - li riconosco tra mille. È uniforme, dorata, mette allegria».
Di notte, quando i ritmi dell'aeroporto rallentano, Emilietta prende il taccuino e scrive favole. Tante sono ambientate in Africa, «dove sognare è un po' più semplice», ma è in corso d'opera anche una fiaba ambientata in aeroporto, la reggia che da otto anni Emilietta osserva in silenzio. «Magari un giorno pubblicherò un libro».
Per ora la storia della donna in eterna attesa ha incuriosito il cinema. Su di lei è stato girato un film documentario («Il Castello», diretto da Massimo D'Anolfi e Martina Parenti) presentato al Torino Film Festival. «Io non l'ho mai visto - scherza lei - e purtroppo non ho nemmeno ricevuto il cachet di Tom Hanks in The Terminal». Però i turisti la riconoscono e qualcuno si ferma a salutarla. Lei in genere dà poca confidenza e raramente accetta di condividere anche solo un caffè.

«Chiacchiero solo con chi mi va, altrimenti preferisco starmene per i fatti miei, ho tante cose a cui pensare». Emilietta esce raramente dal «suo castello»: «Vado a fare la spesa al supermercato perché nei bar dell'aeroporto il cibo costa troppo per me e poi mica posso mangiare solo panini».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica