E sterno notte. È buio e piove. Il professor Abatantuono soccorre un uomo che si trascina a terra. Ferito. È un sicario che ha sbagliato il colpo e, per ringraziare quell'ignaro docente di astrofisica, improvvisatosi samaritano, si offre di uccidere gratuitamente il suo peggior nemico. Lo scienziato, scippato da un collega della scoperta che lo avrebbe reso celebre, ingenuamente è convinto che nessuno gli sia ostile. E, tanto meno, lo stia tradendo. Invece... «Di persone che ci vogliono male, tutti ne abbiamo. Ma quando si nascondono in famiglia è una tragedia. Quella sul set me la sono trovata. Fatta da altri. Per fortuna nella vita reale, dove mi sono costruito tutto da solo, mi è andata bene». L'uomo che fu Il ras del quartiere condisce così quell'equazione bizzarra del nuovo film del regista italo svizzero Denis Rabaglia, Un nemico che ti vuole bene, presentato ieri fuori concorso in piazza Grande al Festival di Locarno.
Già, se il cattivo di turno fosse il migliore amico e dietro al buono per definizione si nascondesse il rivale, il rischio del caos impazzito diventerebbe una certezza. Scacco matto. E centrifuga di interpretazioni che si riempie di Pirandello e Kafka, Dürrenmatt e il realismo magico, sovradimensionando quella che è semplicemente una commedia. «Abbiamo raccontato in maniera brillante un paradosso - spiega Abatantuono - come del resto è costume di questo genere all'italiana. Sempre che Rabaglia sia italiano... Sul set, ci voleva l'interprete. E il produttore si è prestato all'occorrenza. Strano». Rabaglia la prende sul ridere perfino davanti all'ingenua Sandra Milo, 85 anni di candore, che esplode improvvisa: «Devo dire che sulle prime non mi sembrava granché questo tizio. Poi, conoscendolo meglio, mi sono dovuta ricredere». Diego e Sandrocchia sono la coppia regina dell'incontro che precede la proiezione. La comicità che manca al film la aggiungono loro. Ma ci tengono a sottolinearlo. «Questa non un'opera comica. Non dovevamo spingere sull'acceleratore delle battute».
Sia come sia, Roberto Ciufoli - che nel film è un finto prete e nella gag televisiva è nato, grazie alla Premiata Ditta - sta al gioco. «Massì, mettiamoci pure Shakespeare, così li abbiamo detti tutti». Insomma, in definitiva, diciamocelo, a chi mai viene in mente al giorno d'oggi di soccorrere qualcuno. E chi mai scopre di aver salvato la vita a un killer di professione. E chi infine sarebbe in imbarazzo nel non saper fornire una lista di nemici autentici. Veri o presunti, poco importa. «Quando incontro una persona cattiva, penso a com'era da piccolo. In grembo alla mamma. Così anche lui sembra buono» dice candida Sandrocchia.
Peccato che la domanda fosse diversa e il tentativo sia stato quello di strapparle il nome del suo peggior nemico. La Milo non si è fatta stanare. «Svampita» nel non aver capito la domanda o finta tonta intelligentissima nell'eludere la risposta. Ai posteri, o forse a lei, l'ardua sentenza. «Ho un figlio bellissimo - continua - Diego». Poi si ferma un attimo e si affretta: «Nel film, intendo». E la palla passa alla platea, ansiosa di conoscere il finale. Se il sicario è Il nemico che ti vuole bene, chi mai sarà l'amico che ti vuole male... Perché il giustiziere non si arrende all'ingenuità del professore e s'intrufola in famiglia, fingendo di voler sposare la tutt'altro che avvenente figliastra dello scienziato.
Caccia aperta al cattivo che si nasconde tra computer e armadi. Confessionali e padri. Come si sarà capito, è commedia. Il nemico che vuole bene esiste solo sul grande schermo, ma l'amico che vuole male abita alla porta a fianco. Anche questo è cinema.
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