La moschea sarà nel piazzale dietro al Palasharp

Chi cerca la moschea di Milano non dovrà fare troppa strada dall’ultima preghiera, quella di venerdì a Lampugnano. Il proprietario del Palasharp lo aveva anticipato: «Martedì andrò dal prefetto con una proposta di localizzazione».
Dove? «Diciamo che è in zona» si limita a dire Togni che - da imprenditore - mantiene del tutto riservata questa carta: «È una cosa seria - ha detto - voglio illustrarla alle istituzioni prima di renderla pubblica». Ma si sa che c’è un lavorio politico e amministrativo intorno a una «soluzione definitiva» da quelle parti. Si tratterebbe di un’area ora adibita a deposito, occupata da vecchi attrezzi e macchine.
Quale? Basta girare l’angolo, e dietro il Palasharp c’è un piazzale. Fra via Sant’Elia e via Benedetto Croce. È ampio, e lo sarebbe ancor di più una volta sgomberato da tutto ciò che lo occupa ora. Roulotte e automobili parcheggiate, sedie accatastate, container, palchi smontati e quant’altro. Di sicuro è grande abbastanza per ospitare molte centinaia di persone. Per tutta una serie di ragioni sarebbe la soluzione giusta, certamente da settembre, ma senza troppi sforzi anche dopo, nel medio e lungo periodo.
Intanto perché soddisfa l’unico requisito richiesto dalla comunità musulmana milanese: la «moschea» dev’essere «facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici». La fermata della metro a Lampugnano. La zona è a due passi da viale Certosa, corso Sempione e dalla vecchia Fiera.
Altra fondamentale condizione rispettata: non ci sono abitazioni vicine. Intorno solo dei giardini - peraltro ben curati - verde e uffici. La via Salerio è chiusa alle auto da una sbarra. I «vicini di casa» sono istituti religiosi, una scuola privata cattolica, una chiesa di mormoni, un campo di calcetto e un parco giochi non molto frequentati.
Il piazzale potrebbe ospitare subito la preghiera del venerdì, magari approntando una copertura - c’è tempo fino al 22 agosto. Non ci sarebbe sovrapposizione con la Festa democratica - del resto lo stesso Pd aveva parlato di «un’entrata secondaria utilizzabile dai fedeli» durante la kermesse.
Ma anche come soluzione definitiva sembra praticabile. Mentre il palazzetto è di proprietà di Togni, l’area in questione, come quella su cui sorge il Palsharp, è comunale. Il gruppo l’ha in concessione (fino al prossimo anno). Potrebbe essere liberata e concessa al centro islamico, magari per uno «sconto» sul canone applicato da Palazzo Marino. Oppure potrebbe essere fisicamente separata dal palazzetto, così che il centro islamico possa ottenere una sua concessione, per attrezzare una tensostruttura, magari da prendere in leasing, come aveva detto il presidente Abdel Hamid Shaari. Ipotesi.

Di sicuro non ci sarebbero mega-moschee, potenzialmente inquietanti per molti, e il tutto sorgerebbe su una proprietà comunale, quindi suscettibile di controlli diretti e continui. Non si parlerebbe più di viale Jenner, come vuole la Lega, e il Comune sarebbe a sua volta soddisfatto con una «moschea a tempo» al Palasharp, come anche ieri è tornato a chiedere il vicesindaco Riccardo De Corato.

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