«Non si può pensare di applicare a tutti gli stessi tagli. Perché ci sono Regioni in default che continuano a vivere alla grande e altre virtuose che devono eliminare treni o assistenza sanitaria per pagare Calabria e Campania». Il governatore Roberto Formigoni ha detto ieri che questo, almeno per il momento, è solo un cartellino giallo al governo che non sembra voler accogliere «le modifiche alla spending review proposte dagli enti virtuosi». Ma è chiaro che a guardar la filigrana si può chiaramente leggere la virata leghista del governatore che giovedì, subito dopo l'annuncio della sua iscrizione nel registro degli indagati, ha incassato l'immediata solidarietà del Carroccio per bocca del vice Andrea Gibelli. E oggi incontrerà il segretario Roberto Maroni. «L'alleanza tiene - assicura Formigoni - e i programmi si decidono in due». Ma è chiaro che l'attacco di magistrati e media lo costringerà a tenere in sempre maggior considerazione le richieste di una Lega ora diventata davvero decisiva. Anche se lui assicura che «il federalismo è una prospettiva che il Pdl ha sempre sposato e io in particolare sono sempre stato convinto che fosse una strada giusta».
E così oggi al vertice con i colonnelli leghisti non sono prevedibili particolari scossoni. Si va avanti fino al 2015, ha ribadito ancora ieri Formigoni, anche se Gibelli solo l'altro giorno ha ripetuto che «il 2013 sarà una data importante». Difficile che Maroni oggi chieda, come già fece la Lega della gestione Bossi, di approfittare delle elezioni politiche del 2013 e votare anche per la Regione. Anche se in via Bellerio oggi non dispiace l'idea di un leghista, magari lo stesso Maroni, candidato al Pirellone in cambio di un ritorno della Lega in un centrodestra unito che appoggi la ricandidatura a premier di Silvio Berlusconi. Si vedrà.
Per ora di sicuro c'è che i toni del verde sono di gran moda a Palazzo Lombardia. «Se la Lega - ha sottolineato ieri Gibelli - ha posto al centro la questione settentrionale, noto con piacere che il Pdl ha finalmente aperto un Tavolo del Nord per chiedere al premier Monti giustizia sociale e responsabilità». Di qui l'attacco congiunto di ieri, con Formigoni che intima al governo di non proseguire sulla strada dei tagli lineari «ignorando federalismo e costi standard», perché così «si renderebbe responsabile di far saltare la solidarietà fra regioni». Il rischio è una virtuale secessione perché se in tempi di vacche grasse la Lombardia poteva accettare di contribuire per il 54 per cento al Fondo di solidarietà destinato alle regioni con i bilanci in rosso, «dopo i tagli questo non è più possibile». Con l'assessore Romano Colozzi che ricorda come dei 4,5 miliardi recuperati per non aumentare l'Iva, «285 milioni sono stai presi solo da Regione Lombardia e appena 161 milioni da tutti i ministeri». Per non parlare del fondo destinato a disabili e infanzia del governo, passato da un miliardo e 500 milioni a zero.
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