«Le nuove strade dell'arte portano alla Triennale»

Il direttore artistico Bonaspetti racconta il suo progetto: «Solo mostre uniche e internazionali»

Mimmo di Marzio

La Triennale comincia il nuovo anno con un programma inevitabilmente incentrato sulla multidisciplinarietà, tra mostre di design, architettura, arte e performance. Ma sono proprio le arti visive il settore che in questi anni ha offerto le prospettive più interessanti per ricerca e internazionalità, grazie soprattutto alla direzione artistica di Edoardo Bonaspetti, editore anche del prestigioso magazine Mousse. «L'accessibilità e la partecipazione - dice - sono aspetti fondamentali nell'arte e una programmazione deve puntare a coinvolgere il pubblico più ampio possibile e al contempo offrire strumenti di lettura per accompagnare il visitatore meno specialista ad apprezzare la ricerca contemporanea. La Triennale è un caso particolare: non è un propriamente un museo o un'istituzione specializzata in contemporaneo: il pubblico che la visita è trasversale. Questo rappresenta sia un'opportunità, sia una peculiarità da gestire con responsabilità». Tante mostre, in Triennale, a volte troppe. Qual è il fil rouge che lega il suo programma?

«Lo scenario ideale è far si che le ricerche si parlino, come avviene, a volte, nelle interazioni tra i dipartimenti per i progetti più articolati. Nel mio percorso, ho seguito come linea guida la produzione di mostre uniche per contesto culturale e per temi. È una politica che ha premiato l'istituzione in termini di prestigio e di riconoscibilità. Abbiamo allacciato collaborazioni con importanti istituzioni nazionali e internazionali come il Walker Art Museum di Minneapolis, il CCA di Montreal, la Kunsthalle di Vienna Fondazione Prada». Nella gestione Bonaspetti grandi collettive ma anche su singoli artisti come Gruyter & Thys, Markus Schinwald. Quali sono le scelte più utili a lasciare il segno?

«Percorrere strade nuove: i lavori di Schinwald dialogavano con le incredibili scenografie di Michael Levine per il Don Giovanni di Mozart alla Scala di Milano, uscite per la prima volta dai depositi per un progetto d'arti visive. Gruyter & Thys dopo i riconoscimenti del MoMA di New York hanno realizzato in Triennale lavori memorabili esposti pochi mesi dopo al Kunstverein di Monaco. Abbiamo inaugurato le prime mostre in un istituzione italiana di grandi artisti come John Latham, Marc Camille Chaimowitz, Ben Rivers, Michael E. Smith, Ian Cheng, Nick Mauss, a quest'ultimo il Whitney Museum di New York dedicherà, in primavera, una grande personale; abbiamo aperto la più ampia retrospettiva mai dedicata ai film e video sperimentali di Gianfranco Baruchello e messo in dialogo grandi maestri come Fausto Melotti con artisti di talento come Thea Djordadze. Abbiamo organizzato collettive in luoghi inusuali come lo Studio Museo Achille Castiglioni e progetti molto complessi come Ennesima, un magico spaccato della produzione artistica italiana tra le due guerre.

Vorrei, naturalmente, ricordare anche La Terra Inquieta prodotta assieme alla Fondazione Trussardi e interventi di grandi artisti come Christoper Williams. Quest'estate organizzeremo la prima mostra personale di Diego Marcon, un giovane artista di grande talento la cui ricerca si pone tra arti visive e ricerca cinematografica».

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