Gli operai sequestrano il figlio dell’ex proprietario

L’hanno «sequestrato» per un’ora e mezzo all’interno dei capannoni della Innse. Hanno trattenuto il figlio del loro vecchio padrone nello stabilimento di via Rubattino, in attesa di avere una garanzia che le trattative sul passaggio definitivo alla nuova proprietà andassero in porto, senza problemi. Così una trentina di operai hanno bloccato ieri pomeriggio il figlio di Silvano Genta nell’azienda metalmeccanica quest’estate finita al centro di una clamorosa protesta contro la chiusura. Erano da poco passate le quattro, quando tra i lavoratori sono arrivate le prime voci sul tentativo di bloccare la trattativa. «Genta non vuole firmare l’accordo perché ha un contenzioso aperto con gli operai. E non vuole pagarci», dicono le tute blu. «Deve darci almeno 98mila euro, ovvero il pagamento di due mesi di permessi retribuiti, per non parlare di 150mila euro per tre settimane di ferie», reclamano gli operai. E allora ecco che scatta il «sequestro».
Il figlio dell’imprenditore in quel momento si trova all’interno della fabbrica perché sta facendo vedere un macchinario a un cliente di Torino. Gli uomini ci pensano un attimo e poi annunciano di voler occupare il capannone. Entrano in trenta, fermano il vecchio padrone e gli chiedono come mai non si decide a sbloccare la situazione e a siglare definitivamente l’accordo con la Camozzi. «Rimaniamo qui finché le cose non si sbloccano», gli promettono i lavoratori che lo marcano stretto mentre lui, il figlio di Genta, cerca di telefonare per capire a che punto è la situazione. Lo seguono, stanno attenti che non esca dal capannone.
Passa un’ora e qualcosa e, dopo una serie di telefonate, arrivano le prime rassicurazioni per gli operai. In prefettura è in corso la trattativa, ma ci sono buone ragioni per credere che vada tutto a buon fine, che Genta sottoscriva l’accordo e che si possa siglare definitivamente il passaggio alla nuova proprietà. Quanto basta, insomma, per liberare l’ostaggio.
Genta esce dalla fabbrica insieme ai suoi ex operai.

Si guarda intorno spaesato e poi si sfoga: «Mi hanno bloccato e la colpa è della politica e delle istituzioni che hanno lasciato che questa vicenda si incancrenisse fino a questo punto».
Secondo il legale del gruppo Camozzi, tutto si risolverà a breve e oggi 12 o 13 su 49 dipendenti potranno iniziare a lavorare nello stabilimento.

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