
Non migrano solo le persone, ma anche le sementi. Per questo, associazioni e università si sono mosse per tentare di mettere ordine in questo settore particolare dell'immigrazione. È nato così «Ortaggi Migranti». Il progetto congiunto tra Confederazione italiana agricoltori e la facoltà di Agraria della Statale vuole tentare di impostare una regolamentazione e un'organizzazione scientifica per l'ingresso di nuove colture in Italia. E intanto offrire i loro prodotti tipici a chilometro zero al milione di stranieri che vivono in Lombardia. Otto aziende tra Milano e le altre province, e una scuola, hanno riservato parte dei loro campi a varietà vegetali giunte dalle Americhe o dall'Asia. E un gruppo di donne di otto nazionalità differenti ha preparato già ricette in cui si uniscono queste piante ai piatti tipici italiani.
Ampalaya, Cilantro, Okra, Rocoto, Ajì Escabeche, Ajì Limo, Quinoa, Camote sono i nomi delle specie che in questi giorni sono arrivate alla maturazione. Per alcune la prova è stata superata con successo, come l'ampalaya, il cilandro e l'okra, per altre meno come la varietà dei peperoncini testati. Questo però è solo il primo dei tre anni su cui si sviluppa il progetto finanziato da Fondazione Cariplo e dall'ong Asef e prevede già di ampliarsi: «Per il prossimo anno spiega Davide Cinquanta, 28 anni e una laurea in Scienze agrarie, che sta seguendo lo studio abbiamo intenzione di aggiungere almeno tre nuove specie». Intanto tra i vegetali più promettenti Cinquanta punta su uno in particolare: «L'Ampalaya è quella che si è adattata meglio tra le varie specie spiega e anche se ha un sapore amaro, possiede molte qualità nutraceutiche: è cioè in grado di fornire nutrimento, ma ha anche la proprietà di combattere alcune patologie come il diabete o il cancro».
«Le aziende del territorio hanno accettato volentieri di partecipare al progetto racconta Paola Santeramo, presidente di Cia Milano-Lodi-Monza e Brianza in parte perché devono diversificare, in parte perché esiste già un mercato per questi prodotti: in Lombardia ci sono un milione di cittadini stranieri che vorrebbero il chilometro zero per i loro prodotti tipici». E non è un caso che l'associazione e l'università cerchino di riordinare il settore scientificamente, perché al momento già esiste e con pochissimi controlli. Un caso particolare spiega un fenomeno in atto da tempo, quello di stranieri che trovano un fazzoletto di terra su cui coltivare i prodotti della madrepatria: un fruttivendolo cinese che lavora in via Paolo Sarpi ha preso due ettari a Trezzano sul Naviglio e ora ci coltiva cavoli cinesi.
Questo però è appunto solo un esempio, tra l'altro con tutte le carte in regola: sono tanti gli immigrati che nell'orto di casa hanno già importato le loro coltivazioni senza passare per i controlli necessari a scongiurare l'importazione di patogeni o altri elementi, come il famigerato tarlo asiatico, potenzialmente dannosi per l'ambiente europeo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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