Parte uno scambio interculturale Milano-Pechino per l'università dell'arte

Parte uno scambio interculturale Milano-Pechino per l'università dell'arte

Impara l'arte e... il resto lo sappiamo. Mai, però, avremmo immaginato che, a furia di passaparola, questo distillato di saggezza dei nostri nonni sarebbe arrivato fino in Cina. Eh sì perché, numeri alla mano, pare proprio che i pronipoti del Celeste Impero l'arte vengano a impararla qui da noi. Quasi 500 sono, ad oggi, gli studenti cinesi nella sola Accademia di Brera, senz'altro tra le mete più ambite. Con gli stessi pregi, grande manualità e tecnica impeccabile, ma una creatività ancora in erba, tutta da costruire. Un po' come accade in musica: spesso esecutori sopraffini, più raramente veri interpreti in grado di dare all'opera una seconda vita. Una realtà che, però, sta cambiando in fretta. Il professor Giuseppe Bonini, vicedirettore dell'Accademia braidense, è appena tornato da un viaggio di due settimane tra Pechino, Chengdu e Nanchino, dove si è recato nell'ambito del programma Italia-Cina, realizzato in collaborazione con l'associazione Finestra Italiana Ltd, per effettuare gli esami di preselezione rivolti agli studenti cinesi per l'anno accademico 2014/2015. Perché tanto anticipo? «Ormai operiamo da qualche anno con questa formula, ma la novità è che oggi, per ovviare al problema della lingua che spesso ostacola lo studio ma anche un proficuo scambio tra culture, i ragazzi ammessi devono frequentare, per un anno, un corso di lingua italiana e sostenere un esame prima di immatricolarsi. Fino ad ora ce ne sono un'ottantina, ma manca ancora il folto nucleo di studenti di Pechino, che si stanno preparando al gaokao, la temutissima maturità cinese. Con loro ci rivedremo a settembre per un'altra tornata di esami». Stimolare l'affluenza di buoni allievi è ovviamente, per un ateneo, una priorità da perseguire. Ma non a tutti i costi: più che fare business, questo programma vuole promuovere un approccio di pieno scambio e dialogo interculturale. Lo dimostrano anche i prossimi impegni, come la nuova edizione di «Videoartyearbook», l'annuario della videoarte italiana organizzata con l'università di Bologna a cura di Renato Barilli e che proprio a Brera sarà presentato dai professori Francesco Ballo, Giuseppe Bonini e lo stesso Barilli. «Brera è un vero melting pot - ha aggiunto Bonini - con decine di nazionalità diverse. Molti stranieri, cinesi ma non solo, vengono a studiare da noi perché ci riconoscono una capacità creativa e un'originalità che a loro manca.

Mi ha colpito molto, al museo di storia cittadina di Pechino, vedere diversi vasi storici restaurati riassemblando i pezzi e aggiungendo ex novo le parti mancanti, come se non ci fosse la percezione dell'unicità dell'opera».

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