Due poli opposti. Matteo Renzi parla per «tweet», fissa scadenze, ha il piglio decisionista (anche se i risultati si valuteranno nel tempo). Giuliano Pisapia è il gran temporeggiatore. Dal 2011 si è dimostrato svelto solo ad alzare le tasse. Un esempio per tutti? Con le elezioni del sindaco i cittadini votarono i 5 referendum sul traffico. La giunta accontentò immediatamente chi chiese di allargare Ecopass, la traduzione tecnica del concetto fu Area C per tutti a 5 euro al posto del ticket sui mezzi più inquinanti. Una tassa sul traffico invece che antismog, nonostante la campagna iper-ambientalista. Il secondo quesito? Riaprire i Navigli. Per allungare i tempi e non dire chiaramente che non si farà mai, la giunta affida lunghi studi di fattibilità. Di se mesi in sei mesi, si arriverà a fine mandato. Mai una posizione netta. Una linea che fa certamente piacere - su alcuni temi - agli elettori del centrodestra, perchè sarebbero contrari, meno alla sinistra che credeva nello slogan del «vento arancione»: «Adesso si cambia davvero». La regolarizzazione del Leoncavallo, forse, arriverà dopo le elezioni. Il centro sociale aspetta dal settembre 2011, da allora spuntò per la prima volta l'ipotesi. Una grande moschea? Il progetto, dopo mesi di stop and go, sta tramontando. Ora si parla di aree pubbliche in destinazione d'uso a chi vuole aprire luoghi di culto, l'idea divide la stessa giunta. Intanto, tra tavoli di consultazione gestiti prima dall'ex vicesindaco Maria Grazia Guida, poi dall'assessore Francesco Cappelli, dalla vice Ada Lucia De Cesaris e infine da Pierfrancesco Majorino, la giunta ha gatto girare la palla per due anni e gli islamici non l'hanno ancora toccata. Restando ai casi recenti, possiamo immaginare che il premier Renzi avrebbe cacciato a calci dalla Scala il sovrintendente Alexander Pereira dopo la faccenda delle spese allegre per l'acquisto di allestimenti dal festival di Salisburgo di cui era il direttore. Pisapia dopo settimane ad esaminare i cavilli alla fine ha tuonato: «L'errore è certo, Pereira è andato oltre i suoi poteri. Dimissioni entro la fine del 2015». Ma come, tra un anno e mezzo? Un licenziamento dopo Expo. Nè dentro nè fuori, soluzione da far ridere i polli. Su Expo il sindaco ha provato dall'inizio a fare la comparsa. Se Letizia Moratti prima di lui accentrava il controllo come commissario straordinario dell'evento, Pisapia si è ritagliato un posto in seconda fila, per dire casomai che da lì dietro non si vedeva bene la scena e precipitarsi sul palco in caso di successo. Con lo scandalo «appaltoppoli», la sinistra-sinistra, dopo un'accesa riunione a Palazzo Marino, lo ha spinto a fare la voce grossa e chiedere la revoca degli appalti alla società Maltauro, al centro dell'inchiesta. Ma è rimasta al suo posto.
Con il Pd di Renzi vicino al 45% anche Milano, Pisapia non potrà più ignorare il partito, cosa che gli è riuscita bene da inizio mandato. E rischia di dover cambiare marcia, suo malgrado, per mostrarsi più fattivo nei due anni che mancano alla fine del mandato.
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