Dalla pizza alla pasta e patate L'abbuffata dei Napoli brand

Tra folclore e marketing dopo Sorbillo e Michele sbarca in centro Nennella, la trattoria dei quartieri spagnoli

Mimmo di Marzio

Domenica sera, nonostante il clima impietoso, una folla emozionata e impaziente assiepava fino a tardi i portici di Largo Corsia de' Servi, a due passi dal Duomo. Protagonista del «flash-mob» non era una star dello spettacolo o della moda ma l'ultima riscoperta - è il caso di dirlo - del sempre più gettonato pianeta del food: la Pasta e Patate. Non una qualsiasi, sia ben chiaro, ma la Pasta e patane, tradizionale versione della cucina partenopea, rotta e mischiata con la provola affumicata. Il piattino, la cui conquista poteva costare una buona mezz'ora, celebrava l'inaugurazione dell'ennesimo brand della ristorazione napoletana a Milano; vale a dire la Trattoria Nennella dei fratelli Ciro e Mariano Vitiello che promette «la vera cucina napoletana dai Quartieri Spagnoli a Milano». Nennella, che apre accanto e con la benedizione di un altro must, Sorbillo, è l'ultimo arrivato di un vero e proprio tsunami che negli ultimi tre anni ha letteralmente invaso la città della Madunina di ristoranti-cloni ben conosciuti ai turisti sotto il Vesuvio. A cominciare dalle storiche pizzerie. Prima tra tutte, quella di Gino Sorbillo che in pieno centro ha aperto ben tre ristoranti compresa la friggitoria «Zia Esterina», per arrivare al celebre Da Michele che dai vicoli di Forcella si è allargato a piazza della Repubblica; a Mattozzi di piazza Carità ora anche in via Paolo Sarpi, a Starita di Antonio Starita, figlio di Giuseppe e nipote di Alfonso, colui che nel 1901 aprì l'iconico locale al quartiere partenopeo di Materdei ed entrò nella storia del cinema per la presenza in un episodio del film L'oro di Napoli. E via di questo passo. L'ondata rappresenta l'ultima generazione di una migrazione che all'inizio, a Milano e nel mondo, si appoggiava all'iconografia cara all'immaginario folcloristico, da Totò alla Grotta Azzurra fino a Maradona. Poi negli anni Novanta sbarcarono le grandi catene di successo da Milano a Londra, da Dubai a Honk Kong, che non hanno mancato di alimentare sospetti e inchieste sul presunto riciclaggio di denaro della camorra. In una di queste inchieste, proprio a Milano, la Dia sequestrò il ristorante Donna Sophia dal 1931, locale alle Colonne di San Lorenzo, comprato dalla figlia e dalla nuora del boss Potenza con i soldi dei conti in Svizzera. La terza e, per il momento, ultima generazione, comprende la globalizzazione dei ristoranti-madre più famosi a Napoli per la vera pizza, fritture e sfizi. Tra questi s'è aggiunta appunto Nennella, famosa non tanto per la qualità di una cucina casalinga, quanto per l'atmosfera verace alimentata dal fatto di risiedere in una zona, i Quartieri Spagnoli, ancora oggi considerata border-line. La trattoria del vicolo è un vero e proprio porto di mare con le tovaglie di carta, tra pasta e patate (appunto), fritture non proprio leggere, vino del contadino a consumo, e simpatiche urla in dialetto tra i camerieri. I quali a fine pasto fanno calare sui tavolacci un panaro (panierino) per la raccolta delle mance da dividere.

L'ultima volta ne lasciai una che, con sorpresa, superava di gran lunga il conto che ammontava a... otto euro. La domanda però è: qual è il senso di riprodurre tutto ciò tra la Rinascente e via Montenapoleone? E soprattutto: come sarà il conto di Nennella in Largo Corsia de' Servi?

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