La protesta degli «sfrattati fantasma»

Emergenza abitativa, il Sicet: «Dal Comune scelte sbagliate e inefficaci»

Daniela Uva

Politiche inadeguate, migliaia di alloggi pubblici sfitti e l'emergenza abitativa che, a partire dal 2012, si è costantemente aggravata. Sullo sfondo tantissime famiglie costrette a dormire per strada dopo uno sfratto. Oggi hanno deciso di scendere in piazza, davanti a Palazzo Marino, per far sentire la loro voce. Chiedono fra le altre cose - che il Comune applichi immediatamente il protocollo firmato lo scorso aprile in Prefettura. Un documento tutt'ora ignorato, che darebbe loro la possibilità di trovare un alloggio alternativo in tempi più rapidi. Ci vestiremo anche da fantasmi anticipa il segretario di Sicet Milano, Leo Spinelli -. Perché è proprio così che queste persone si sentono considerate. Il dito è puntato soprattutto contro il Comune. Milano è sempre stata una città esemplare in Italia per la gestione degli sfratti prosegue -. Ma le cose sono drasticamente cambiate con l'avvento di Pisapia. Sono state fatte scelte sbagliate e inefficaci, che sono diventate la concausa di un'emergenza ormai fuori controllo. A distanza di sei mesi dalle elezioni, al momento nulla è cambiato. A confermarlo sono i numeri, diffusi dal Sicet. Attualmente sono quasi 16mila gli sfratti con procedura esecutiva per la quale è stato richiesto l'intervento della forza pubblica. Di questi, 11mila sono causati dalla morosità. Dal 2012 gli sfratti eseguiti con l'ausilio degli agenti sono aumentati costantemente: 2.721 nel 2015, quasi 2.300 fino allo scorso 30 settembre. In questo quadro sono attualmente circa 10mila gli alloggi pubblici vuoti e non ancora assegnati. Mentre le famiglie rimaste senza casa non trovano più ospitalità nelle comunità e finiscono per strada. La situazione più grave la vivono i cittadini disabili prosegue il segretario -. Sono in cima alle liste per ottenere una casa popolare, ma le loro domande vengono messe da parte perché attualmente a Milano non ci sono abitazioni senza barriere architettoniche e per la messa a norma i tempi sono molto lunghi. Queste persone si vedono recapitare una lettera con la quale Palazzo Marino liquida la loro richiesta. E non importa se la disabilità permetterebbe loro di vivere in un'abitazione normale, magari con qualche gradino o priva di ascensore. Fra questi cittadini c'è Victor, rimasto sulla sedia a rotelle nel Duemila a causa di un incidente ferroviario. Sono a Milano dal 2007, in graduatoria per una casa popolare da due anni racconta -. Mi è stato risposto che non esiste un'abitazione adatta alle mie esigenze. Ho spiegato che non avrei problemi a salire qualche scalino, perché dentro casa sono autonomo. Ma la risposta è sempre stata negativa. Ancora più paradossale la storia di Vincenzo Antonicelli, al quale è stata riconosciuta un'invalidità del 67 per cento che però non pregiudica le capacità motorie. Posso camminare tranquillamente, fino a due anni fa lavoravo come cameriere. Poi sono stato sfrattato per morosità, avevo perso il lavoro e non potevo più pagare dice -. Nonostante il tribunale mi abbia dato ragione, e io sia in cima alla graduatoria per un alloggio popolare, il Comune mi ha ribadito che non ci sono case adatte a me. Peccato che potrei vivere serenamente in un'abitazione qualunque. Storie, come molte altre, di ordinaria burocrazia.

Ormai siamo al paradosso: a Milano un invalido non ha diritto alla casa popolare conclude Spinelli -. Mentre ogni giorno sono circa 450 le richieste di sfratto. Chiediamo che il Comune faccia una decisa inversione di marcia rispetto alle politiche degli

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