L'emergenza è cominciata in sordina da circa una settimana, perché per tutti, tranne che per qualche milanese, finora è stato meglio non vedere. Sono circa trecento i profughi siriani accampati in stazione centrale. Arrivano con un ricambio continuo, da Lampedusa, Reggio Calabria o Siracusa. Nessuno vuole restare in Italia e non viene perciò identificato, per non dover chiedere qui il diritto d'asilo, come vorrebbe il trattato di Dublino. Le loro comunità di riferimento si trovano soprattutto in Austria, Svezia e Germania, ma è già capitato, nei giorni scorsi, che l'Europa sia scomparsa di fronte all'emergenza. La famiglia di Muhammad, per esempio, è arrivata in Austria, è stata trattenuta dalle autorità e rispedita in Italia con 3500 euro di multa per non aver presentato una documentazione regolare. Se l'Italia viene scavalcata da chi ci arriva perché in transito, la coperta si rivela corta e la retorica europea si «risolve» nei respingimenti.
Gli scaloni della stazione rivelano situazioni e storie che farebbero rabbrividire chiunque, eppure si trasformano in una quotidiana routine: c'è la mamma bisognosa di cure, perché ha partorito nel centro di accoglienza di Catania, nel mezzo del caos che due giorni fa ha permesso la fuga di 250 persone; ci sono due genitori che da giorni cercano un figlio, scomparso chissà dove. C'è Fatmah, giovanissima e infreddolita, che spende bei sorrisi per chiedere qualcosa da mangiare: addosso ha una felpa molto leggera, ed è tra le prime, nel pomeriggio, a ricevere una zuppa e un maglione. Molti di loro parlano un inglese perfetto, raccontano della bellezza di Homs e di Damasco, non vogliono parlare della guerra, li addolora.
Da ieri il Comune ha attivato un'unità di crisi che ha in qualche modo ufficializzato l'impegno di molti volontari. Sul posto ci sono i Giovani musulmani, l'Albero della vita e la Comunità di Sant'Egidio. La Caritas dà la disponibilità per le docce, venti persone per volta, e per la lavanderia. La fondazione Arca e le moschee milanesi hanno messo a disposizione un monolocale e alcuni posti letto per le persone che hanno bisogno di riposo: la mamma che ha appena partorito, ma anche qualcuno dei numerosi bambini presenti che ha la febbre alta. Medici volontari ha messo a disposizione un dottore e un pediatra, però mancano ancora medicine fondamentali, come la tachipirina e per questo si sono attivati i consiglieri Stefano Carugo e Fabio Pizzul. Da ieri sera le donne e i bambini possono dormire a Cascina Gobba ed essere riaccompagnate.
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