«Se scrivere è un grande momento di evasione, le carceri sono luogo di grande scrittura». Il rapper poeta «Sguigno» (Vincenzo), Maurizio, Endrio, Achille, Marco, Massimo, i due Salvatore e Oscar pendono dalle sue labbra. E anche se nell'aula 1 dell'area «scuola» del Terzo Raggio di San Vittore far volare la mente oltre la cortina di afa e calma irreale sembra un atto che trascende l'umana fantasia, Marco Balzano rompe subito il ghiaccio. Non si può proprio dire che questo 40enne di Bollate - insegnante di lettere al liceo e padre di due ragazzi - abbia il physique du rôle dello scrittore come ce lo presenterebbe una patinata serie di Netflix. La sua abilità è però indubbia nel sedurre con la mente (e anche con l'affabilità del cuore) il gruppo dei venti in attesa di giudizio che all'interno del carcere partecipano alla seconda edizione de I detenuti domandano perché.
Fortemente voluta da Mediobanca (basti pensare che parte attiva del progetto sono tre loro volontari: Valentina, Magda e Francesco) l'iniziativa viene portata avanti con un entusiasmo che rasenta la passione da Muna della onlus L'Arte del Vivere con Lentezza e da Teresa e Daniela del gruppo di poesia della Sesta Opera San Fedele con Biblioteche in Rete San Vittore, insieme a Kasa dei Libri. Quanto l'esperienza sia un successo lo dice chiaro Massimo al termine dell'incontro di ieri che ancora una volta ha messo a contatto scrittori e poeti con chi si è scoperto «artista della parola» dietro le sbarre. «Leggere insieme le poesie e parlarne con voi è un'esperienza che dà serenità e tranquillità: ci trasmettete la volontà di leggere, fate un grande lavoro». E per un volontario forse non c'è complimento più grande, ancora più prezioso se arriva da chi vive l'esperienza della reclusione del carcere.
«La parola fatica a entrare nei luoghi dai quali le persone faticano a uscire». Si capisce che conosce le carceri per esserci stato più volte (come nei laboratori di scrittura di Bollate) a incontrare i detenuti Balzano, insegnante di lettere in un liceo di Garbagnate, padre di famiglia e scrittore, già vincitore (tra gli altri) del premio Flaiano per la narrativa nel 2013 con Pronti a tutte le partenze (Sellerio editore) e nel 2015 del Campiello con L'ultimo arrivato, quindi secondo al premio Strega 2018 con Resto qui (Einaudi), oltre che autore di poesie.
«Sguigno», calzoni arancioni al ginocchio, capelli rossi e sguardo accattivante si cimenta a trasformare a suo modo in melodie rap le poesie di Balzano e intanto legge le sue, rigorosamente in rima, scritte a tempo record e «nate - spiega - qua dentro, perché fuori mi guardavo intorno e cercavo di prendermi tutto, rubavo e vendevo droga, facevo danni mentre in cella, quando ti manca tutto, ti guardi dentro: la scrittura mi ha fatto capire quanto profondo posso essere».
Mentre Maurizio racconta che la poesia è «pulizia» perché gli ha permesso di non pensare a quello che di brutto gli era accaduto in gioventù e che ha poi segnato tutta la sua vita, Endrio lamenta un mondo con poca professionalità in ogni settore e tutti sono concordi nell'affermare con Balzano che l'identità non è un monolite, ma il risultato dei nostri cambiamenti, Achille riceve dalle mani delle volontarie quel che aveva chiesto, un brano da dedicare alla moglie e alla figlia piccola, Emily: la poesia finale dello spirito Ariel tratta da «La Tempesta» di
Shakespeare.Per chi non ci credesse, sappiate che il tempo corre anche in carcere. Così, dopo un'ora e un quarto, lasciarsi rincresce anche a chi è arrivato a San Vittore da uomo libero e tale può tornare subito a essere.
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