Antonio Bozzo
Peccato che il giornalismo attuale non pensi ai lettori in erba quanto si dovrebbe. C'era un tempo - lontano, ma non giurassico - in cui a coltivare bambini e ragazzi, a far loro scoprire il mondo attraverso articoli di semplice comprensione, era un numero uno del giornalismo: Dino Buzzati. L'autore del Deserto dei Tartari, per citare il suo libro più famoso, rispondeva alle domande dei lettori, sul Corriere dei Piccoli. I piccoli, si sa, sono assetati di conoscenza, chiedono sempre «perché». Perché il professore si leva il cappello per salutare il preside? Perché noi bambini giochiamo e i grandi no? Perché gli esami mettono paura? Perché i grandi quando dicono «forse» è come dicessero mai? Perché le mosche hanno sei zampe? Perché un pugile che stende l'avversario viene considerato un campione?
Buzzati, con sapiente umiltà, dava le risposte. Probabile gli costasse più fatica spiegare ai ragazzi riti e misteri del mondo che scrivere cronache e commenti per il vasto pubblico di adulti raggiunto dalle pagine del Corriere della Sera. Il Buzzati pacato del Corrierino rispondeva ai curiosi dal marzo del 1968 all'aprile del 1969. Anni infuocati, formidabili e violenti, che cambiarono la società. Buzzati, con la rubrica rivolta ai ragazzi, scelse un angolo appartato, rispetto al clamore dei tempi. Ma ancora oggi le sue risposte appaiono ragionamenti cristallini, distillati di parole che vanno subito all'osso; senza mai rinunciare all'adorno prezioso di una citazione colta, servita con leggerezza, e senza tralasciare percorsi di pensiero che parrebbero ostici per grandi e piccoli, non fossero trasformati dal tocco magico di Buzzati. Quelle risposte, ventidue in totale, sono ora raccolte per la prima volta in un libro edito da ElectaJunior («I Perché' di Buzzati», 96 pagine, 14, 90 euro), a cura di Lorenzo Viganò, con illustrazioni di Silvia Bonanni. Per questo regalo dobbiamo dire grazie al giornalista Viganò, instancabile cercatore di pepite buzzatiane in quanto curatore ufficiale delle opere firmate dallo scrittore nato a Belluno nel 1906 e morto a Milano nel 1972. Il libro, pur se destinato ai ragazzi, aiuta a tracciare meglio il perimetro del «cantiere Buzzati», regno della creatività applicata (al giornalismo, alla letteratura, all'arte) tra i maggiori del Novecento, non soltanto italiano. Le risposte ai piccoli ingenui di cinquant'anni fa sono valide anche per le nuove generazioni, abituate a smanettare su computer e smartphone. E rimangono lettura istruttiva per gli adulti di oggi, soprattutto genitori. Siamo ancora capaci di dare risposte ai figli? C'è da dubitarne: la cattiva maestra Rete internet (non più solo la televisione, come voleva il filosofo Popper) fa da balia ai giovanissimi, guai a metterla in discussione. Da «coraggio e virtù» alle «povere piccole foche», Buzzati racconta, travestite da risposte, storie che sembrano favole. Al solito in anticipo sui tempi, ricorda Lorenzo Viganò nell'ispirata prefazione, che sembra dettata dall'aldilà dallo stesso Buzzati, tanto la musica dello stile rimanda a quella suprema penna. «Buzzati amava molto gli animali», scrive Viganò. «C'è chi lo ha persino visto togliersi il cappello davanti a certi animali. Così nelle sue risposte si schiera contro la caccia, contro i macelli, invitando i lettori a riflettere sulle sofferenze che stanno dietro una bistecca o un'ala di pollo».
Buzzati sorta di Safran Foer ante litteram, in un'Italia dove la fettina a tavola certificava il benessere raggiunto dopo tanti dolori? Siamo liberi di pensarlo, Buzzati è stato tante cose, sempre sorprendenti, come le autentiche opere d'arte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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