Regionali, ultime scintille su autonomia e diritti civili

Gori boccia le luci per il Family day e sposa il Gay pride Fontana: «Solo con me la riforma per avere più risorse»

Regionali, ultime scintille su autonomia e diritti civili

Ultime scintille su autonomia, lavoro, diritti civili. Da mezzanotte è scattato il silenzio elettorale (anche se sms e appelli on line continueranno a circolare fino all'ultimo, aspettare per credere), ieri è andato ancora in onda in Rai l'ultimo confronto tra i 7 candidati governatori della Lombardia. Fair play, imposto (anche) dal divieto di replica, ma i candidati hanno provato a marcare bene le distanze per convincere gli indecisi. Come il Pd Giorgio Gori, che ha contestato la scritta «accesa» sul Pirellone il 23 gennaio 2016 in occasione del «Family day». «Credo molto nell'istituzione laica, al di sopra delle opinioni e dell'orientamento dei cittadini. La Lega in Regione ha sposato alcune cause e non altre, io riporterò l'istituzione al di sopra delle parti» dice Gori. Però garantisce subito «il patrocinio al gay pride», negato l'anno scorso da Roberto Maroni. Nel suo appello agli indecisi Gori si presenta «non come un politico di professione» ma come «uomo del fare». Il candidato del centrodestra Attilio Fontana replica indirettamente allo sfidante Pd che lo ha accusato per tutta la campagna di scappare dai dibattiti quando ricorda i «15mila chilometri percorsi per incontrare la gente e le associazioni, per capire i problemi e offrire soluzioni, i confronti politici rischiavano di essere sterili». Conferma la linea pro sgomberi e anti clandestini. «La frase più significativa l'ho raccolta da un inquilino delle case popolari - racconta Fontana -, mi ha detto che con la confusione che gira intorno agli stabili è inutile ristrutturare tanto distruggeranno tutto. Bisogna ripristinare la legalità». E sui finti profughi insiste: «Chiederò al ministero degli Interni di applicare la legge, chi non ha titolo va allontanato, continuare a tenere qui in mezzo alla strada chi è senza status crea un problema sociale». A chi lo definisce eterodiretto da Salvini ricorda il curriculum: «Tre mandati da sindaco di Varese, presidente del consiglio regionale e alla guida di Anci Lombardia non ho avuto problemi a contestare le misure del governo di centrodestra. Quando uno rappresenta un'istituzione deve difendere solo l'istituzione». E nell'appello ribadisce che «la Lombardia è a un passo dall'autonomia, una battaglia del centrodestra. Se vinceranno altri partiti la riforma è a rischio». Ha votato sì all'autonomia il Movimento 5 Stelle. Il candidato Dario Violi assicura: «Non ci siamo pentiti, ma dovremo riaprire il pre accordo firmato a Roma perchè si è passati da 23 materie a 5, vogliamo di più». Ammette che l'iniziativa Nidi gratis di Maroni ma «non ha avuto grande copertura e va rivista». Tra le priorità cita «sviluppo economico e lotta al precariato». Tema caro al candidato Leu Onorio Rosati, ex segretario lombardo della Cgil che invece difende il no al referendum per l'autonomia e definisce «il vero voto utili quello al Leu», non al Pd.

Angela De Rosa in campo per Casapound ribadisce «prima gli italiani» e stop ai flussi, «la Lombardia è diventata il più grande centro immigrati d'Italia». Massimo Gatti (Sinistra per la Lombardia) vuole tagliare i fondi epr le autostrade e Giulio Arrighini (Grande Nord) definisce il movimento un «sindacato del nord».

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