Cronaca locale

Da Rivera a Bertolacci Ma ora basta nostalgie

Siamo diventati una squadra di operai Allora ci vuole fame per puntare in alto

di Daniele Abbiati

Che faremo il martedì, mercoledì e persino giovedì sera? No, non andremo al cinema, come suggeritoci dalle spocchiose zebrette sabaude. Né rivedremo le cassette targate Champions di Milan-Real Madrid 5 a 0 (giorno di grazia 19 aprile 1989), o di Milan-Manchester United 3 a 0 (giorno di ri-grazia 2 maggio 2007), o di Inter-Milan 1 a 1 (giorno di stra-grazia 13 maggio 2003). Staremo in casa, a studiare gli schemi del Frosinone, a informarci sullo stato di forma del Carpi. In fondo, siamo tutti italiani, perbacco, e nella stagione 2015-2016 lo saremo soprattutto per Bacca. Siamo italiani e dall'Italia ci vediamo costretti a ripartire, prima di tornare a gonfiare il petto, sia a Lugano o a Barcellona, lo dirà il campo. Le coppe non ci vogliono? E noi mangeremo pane e mortadella, masticheremo amaro meditando sulle nostre colpe pregresse e smadonnando in salita come gregari. Ma sempre con l'occhio alla vetta, per non perdere l'abitudine.

Giù la testa e pedalare, predica il sergente Sinisa. Ha ragione, è un ex bauscia ma ha ragione. Sembra, dico sembra , che chi di dovere abbia ripreso in mano il filo del discorso. Ma sia ben chiaro: il filo del discorso che ci interessa è quello che corre tra i fili d'erba di Milanello, non fra i partner di Mister Bee o fra le trame dei procuratori. Noi, eredi del Milan operaio delle origini, accogliamo di buon grado un Milan operaio privo di fuoriclasse (caro, irascibile Ibra, mettiti una mano sul portafogli e pensa a noi...). Basta che gli operai lavorino sodo. In tempi non lontani avevamo un Gattuso e dieci sommi stilisti, adesso ci baceremmo i gomiti se avessimo undici De Jong. Dalla grande bellezza alla grande rozzezza? Che ci volete fare, è la congiuntura. E poi, proprio quest'anno che dovremo trascorrere in casa, senza gite all'estero, ci deve servire per ricostruire la nostra casa dalle fondamenta, con muscoli, polmoni e sudore, dopo potremo aggiungere estro, genialità, arte. Lo so, siamo il Milan e come tali esteti per natura e per indole. Lo so, la nostra spina dorsale è Liedholm-Schiaffino-Rivera-van Basten-Pirlo, ma per non sembrare degli invertebrati calcistici ben vengano anche i Bertolacci e i Soriano. Lo so, la nostalgia è lì dietro l'angolo pronta a tenderci agguati, magari per uno 0-0 con il Chievo o per una vittoria su autorete contro il Crotone in Coppa Italia.

Compagni, amici, cittadini: dobbiamo resistere, non guardare mai nello specchietto retrovisore della nostra storia antica o recente, fare buon viso a cattiva giocata, avendo sempre negli occhi la suprema verità della dea Classifica. Fra poche ore lei comincerà a parlare. Ascoltiamola, suggeriamole qualche parolina magica, tentiamo di sedurla con la forza e con la costanza, non potendo farlo con l'ingegno e con il fascino. Siamo realisti, la concorrenza non è gran cosa. Non vedo in giro, altrove, dei Maradona o dei Platini, dei Falcao o dei Matthäus, né mi pare che l'Inter abbia preso Cristiano Ronaldo o la Juventus Iniesta. Noi non saremo belli, ma vogliamo essere dei tipi. Questione di carattere e di caratteristiche. Il sergente Sinisa, se gli lasceranno forgiare la truppa come vuole, cioè senza lampi di genio in testa ma con tanta fame nello stomaco, ha sia il primo sia le seconde.

Vogliamo, dobbiamo rispondergli «presente».

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