Cronaca locale

Tra ruderi e cantieri: così cade a pezzi la città abbandonata

Tra ruderi e cantieri: così cade a pezzi la città abbandonata

C’è una Milano dei nuovi grattaceli, ma anche una di antichi edifici che cascano a pezzi. L’ultimo episodio noto alle cronache è quello di via Agnello che ha coinvolto il vicensindaco Maria Grazia Guida e i suoi collaboratori a cui è precipitata addosso una vetrata, mandandoli all’ospedale. Ma pochi giorni prima era stata la volta di un altro palazzo in via Lamarmora, dove alcuni calcinacci erano precipitati sul marciapiede. Fortuna ha voluto che in questo caso nessuno sia rimasto coinvolto, grazie anche all’intervento di un vigile in bicicletta che ha prontamente segnalato la questione e provveduto a far transennare l’edificio. Ma questi sono soltanto due casi della città che casca a pezzi: tra le vie cittadine infatti ci sono ancora diversi luoghi dove si possono trovare addirittura strutture vittime dei bombardamenti anglo-americani della Seconda Guerra Mondiale.
Potrebbe sembrare assurdo visto che siamo nella metropoli che si sta dotando di una mezza dozzina di nuovi super grattacieli, alcuni persino firmati da celebri archistar, ma è così. Ruderi che lasciano stupiti i turisti stranieri che ne scoprono l’origine. Basta vedere in via Molino delle Armi, di fronte al civico 41 dove persiste solo un mozzicone di palazzo buono giusto per i manifesti pubblicitari. Senza dimenticare, ovviamente, lo «scempio» della Darsena, l’antico porto di Milano da anni lasciato in stato di abbandono, e che potrebbe essere invece una delle principalli attrazioni turistiche di Milano. O ancora, il monumento equestre di Vittorio Eanuele II in piazza Duomo, ancora coperta dalle impalcature. Oppure via Santa Marta e via del Bollo, a cinque minuti a piedi da piazza Duomo, dove almeno qualche lavoro per eliminare i residui del conflitto mondiale è iniziato, ma per ora i ruderi sono ancora lì a testimoniare una ricostruzione mai davvero terminata. Situazione simile a quella di via Lupetta, a due passi da piazza Missori, dove il cantiere è aperto dopo appena, si fa per dire, sessant’anni di attesa. E tutto mentre si è continuato a costruire e si continua ancora. E per fortuna anche il Comune si è accorto della questione con Daniela Benelli, assessore al Decentramento, che sul suo blog ha raccolto le segnalazione dei cittadini sulle decine di siti abbandonati. E i milanesi non si sono fatti pregare: nel giro di pochi giorni sono piovute sessanta segnalazioni da tutte le zone della città.
E continuano ad arrivare, ma intanto l’assessore ha annunciato che per le prime questo mese è partita la fase due, la prima era la raccolta delle segnalazioni, un piano di interventi volti a recuperare tutte quelle strutture che possono già essere destinate a associazioni e simili almeno temporaneamente. Anche se la mappatura degli edifici abbandonati continua non senza qualche difficoltà. Molte strutture infatti sono in mano a privati, e scrive l’assessore: «Sulle proprietà degli edifici abbiamo dovuto arrenderci anche noi in alcune situazioni, e adottare il simbolino “giallo” per indicare i casi in cui la proprietà è dubbia o sconosciuta!». Cioè il Comune non riesce a sapere di chi è un edificio. Sembra singolare, ma è così.
Almeno ci provano da bravi neofiti (copyright Formigoni), grazie al supporto dei cittadini e di chi come l’associazione Temporiuso già da anni cerca di segnalare e rivitalizzare le costruzioni abbandonate e dimenticate della città. Un fenomeno, quello degli edifici lasciati vuoti per anni, che coinvolge anche opere molto più recenti di quelle che ormai cadono in testa ai passanti. L’emittente locale Lombardia channel, ad esempio, si è occupata con alcuni servizi della scorsa primavera delle torri abbandonate di Milano segnalando i casi di una mezza dozzina di grattacieli vuoti, alcuni dagli anni Novanta. Un’altra serie di costruzioni che al momento lascia più vuoti, e lentamente più degradati dei quartieri, ma che se continua così, e viste i nuovi e più moderni grattacieli in arrivo è probabile, rischia solo di lasciare alla città e a chi ci abita altri edifici che prima o poi si sbricioleranno come quello di via Agnello.

Speriamo non in testa a qualcuno.

Commenti