Nell'intervista di fine anno al Giornale Beppe Sala aveva invitato Matteo Renzi a «saltare un turno». Non ricandidarsi alle prossime Politiche per favorire la ricostruzione del centrosinistra. «Ha poco più di 40 anni e ha la politica nel sangue, fossi in lui considererei l'ipotesi di saltare un giro». Domenica scorsa, nello stesso giorno in cui l'ex premier premeva per le elezioni subito, il sindaco in una lettera al Corriere della Sera ha espresso invece un secco «no alla spinta verso le elezioni, c'è ancora un anno di legislatura e ci sono temi importanti», dalla Città metropolitana alla battaglia per portare l'Agenzia europea del farmaco a Milano, che non possono aspettare ancora mesi e mesi per essere affrontate». Dopo la campagna per il referendum costituzionale vorrebbe evitare l'effetto-stallo di una campagna per le Politiche. Il sindaco si è poi dilungato sulla questione della legge elettorale. E se il capogruppo di Forza Italia apprezza che «è un bene che Sala venga sulle posizioni del presidente Silvio Berlusconi, perché Fi vuole votare il prima possibile, ma con una legge elettorale che garantisca la governabilità del Paese» sottolinea che è «tuttavia sorprendente che scarichi subito l'ex premier Renzi e stia cercando di imbonirsi Gentiloni, che fino a questo momento ha poco considerato la nostra città». Affonda l'ex sfidante alle Comunali Stefano Parisi: «Sala si deve occupare di Milano, deve fare il sindaco. La sua lettera mi pare un pò opportunista: essendo stato messo da Renzi, nella vita politica sarebbe meglio essere lineari e leali invece che fare tattica politica». Anche io, sottolinea Parisi, «sono per una buona legge elettorale e per un governo stabile, ma in Italia non si vota quando fa più comodo a Sala ma quando ci sono le condizioni per votare». Né gli sembra logico paventare il rischio che si blocchi il Patto per Milano firmato dall'ex governo Renzi, con gli annessi fondi per periferie e metropolitane: «Quel Patto non era un provvedimento, ma un pezzo di carta scritto per motivi referendari da un premier che se ne è andato. Un impegno non c'è mai stato, tant'è che Renzi si è persino dimenticato di mettere il post Expo in legge finanziaria».
Ma è palese l'imbarazzo dei colonnelli Pd di fronte alla doppia frecciata di Sala a Renzi. Il coordinatore cittadino dem Pietro Bussolati, renziano, ha ribadito (prima di tutto a Sala) che «l'Italia può avere più forza a livello europeo con un governo e una leadership forte e non è detto questo obiettivo si realizzi attendendo che la legislatura arrivi al 2018» e il segretario regionale Alessandro Alfieri ha ricordato che «il mandato affidato a questo governo è di affrontare le emergenze e la legge elettorale, finite queste cose ci sono le condizioni per andare al voto o rischiamo di logorare il Pd e l'unico leader credibile che abbiano, cioè Renzi».
Tra due fuochi gli assessori renziani, da Pierfrancesco Maran a Marco Granelli alla vicesindaco Anna Scavuzzo che non si schiera e definisce «sana una dialettica su punti di vista anche diversi. Ovviamente ci sono questioni, come i fondi per la città metropolitana e la conquista dell'Agenzia del farmaco, che non possono aspettare e vanno affrontate indipendentemente dal governo in carica».
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