Da San Siro ai malumori con il voto in autunno. Ora Sala rischia grosso

Nervi tesi con assessori e categorie tartassate. E sui dossier caldi non potrà più fare melina

Da San Siro ai malumori con il voto in autunno. Ora Sala rischia grosso

A saperlo. Che il premier Conte, proiettato a barcamenarsi fino al 2023, sarebbe stato archiviato da un governo di larghe intese guidato da Mario Draghi con cui il sindaco ha sempre detto di avere un solido rapporto personale. E a saperlo che il voto sarebbe slittato dalla primavera all'autunno, in «una data compresa tra il 15 settembre e 15 ottobre» (in pole c'è il 10) come prevede il decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri, chissà se Beppe Sala avrebbe annunciato il 7 dicembre la ricandidatura o se si è un po' pentito. Era una decisione sofferta già allora, rinviata dal «dopo le ferie» a ottobre e poi a Sant'Ambrogio, quando dichiarò che voleva essere «totalmente sicuro di avere le energie fisiche e mentali indispensabili» per impegnarsi altri 5 anni. Un piano b nazionale non era nell'aria. Accanto a lui stavano iniziando a scalpitare l'assessore Pd Pierfrancesco Maran, l'eurodeputato Pierfrancesco Majorino, si faceva largo l'ipotesi Tito Boeri, con o senza primarie. Ha sciolto le riserve, convinto del fatto suo, ma lo slittamento delle urne ora rischia di logorare i consensi e cambiare l'esito del match. Sala tifava per il voto a giugno, ovvio, il centrodestra non ha ancora un candidato, è sceso in campo Roberto Rasia Dal Polo ma piace alla Lega e non convince ancora gli alleati, anche se ora avrebbe 7 mesi davanti per recuperare il gap di popolarità. Sul tavolo ci sono i nomi di Simone Crolla, dell'ex ministro Maurizio Lupi, e un sondaggio che vedrebbe Sala sconfitto al ballottaggio da Gabriele Albertini, se l'ex sindaco volesse tornare in campo. Altri nomi potrebbero spuntare adesso che non si tratta più di una sfida flash. E Sala può rischiare davvero, visto che a Palazzo Marino da settimane (parecchie) aleggia un'aria da fine mandato e i dossier bollenti venivano tenuti in freezer fino alle urne. Le ultime misure di rilievo? Il divieto di fumo nei parchi, la giravolta sul pagamento di Area C, le nuove ciclabili che hanno mandato nel caos parecchi quartieri. Per dire. Tanti patrocini, nessuna delibera di peso. Difficile che Sala possa fare melina fino ad ottobre sul progetto del nuovo stadio di San Siro che può portare 1,2 miliardi di investimenti e 3.500 posti di lavoro in un momento tanto delicato ma non piace ai comitati ambientalisti. E l'alleanza (sempre più) stretta coi Verdi crea liti su progetti di sviluppo come la «Torre Botanica» disegnata da Boeri accanto al nuovo «Pirellino» o gli ex scali. Altre grane. Sala deve fare i conti con il malumore nella squadra. Fatta salva la vice Anna Scavuzzo, in caso di vittoria non nominerà chi è in carica dalla giunta Pisapia. Gli assessori Maran, Granelli e Tajani non l'hanno presa bene. E sono tesi i rapporti con le categorie che in piena pandemia non si sentite supportate, dai tassisti ai commercianti agli inquilini della Galleria. Un bacino dove un buon candidato del centrodestra potrà pescare abbondantemente. Last but not least, si prevedono acque agitate nel Pd e M5s milanesi. il tempo rischia di consolidare alle urne l'alleanza giallorossa che a livello locale è vista come fumo negli occhi.

«Il rinvio ci offre più tempo per scegliere il candidato ideale per

rilanciare Milano» commenta l'eurodeputato Fdi Carlo Fidanza. Il capogruppo Fi Fabrizio De Pasquale spera che si possa «tenere una campagna a contatto con la gente e non solo sui social. Sala arriverà alle urne col fiato lungo».

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