Savini, quel tavolo numero 7 tra storia, segreti e gourmet

La saletta dove la Callas incontrava Onassis oggi attira turisti ma anche giovani. È la sfida dello chef Bon

Savini, quel tavolo numero 7 tra storia, segreti e gourmet

Il «Tavolo numero 7» è ancora lì, nella saletta dagli eleganti arredi decò affacciata sull'Ottagono della Galleria, intonso ed elegante come ai tempi in cui era strettamente riservato a Maria Callas. Pare che la leggendaria soprano mangiasse pochino, al massimo una tagliata di filetto con verdure scondite e a chiudere l'immancabile caffè. Ma quell'angolo d'antan era anche il luogo la Divina poteva fugacemente incontrare, tra una prova alla Scala e un'altra, Aristotele Onassis. Siamo al primo piano dello storico Savini, che proprio lo scorso anno ha spento 150 candeline sotto la grande cupola progettata da Mengoni. Dopo 150 anni quel tavolo è ancora lì al centro del salotto di Milano, così come continua a servire risotti allo zafferano il più antico ristorante meneghino che agli inizi del Novecento era ritrovo di intellettuali, artisti e... attivisti. Proprio qui, tra una cotoletta e un «polpettone dinamico», Filippo Tommaso Marinetti compilò e annunciò il suo Manifesto artistico-letterario, prima di dedicarsi alle cene futuriste della «Taverna Santopalato». E sempre qui si ritrovavano i padri nobili della lirica scaligera, da Giuseppe Verdi a Giacomo Puccini fino all'immancabile Arturo Toscanini; e pure stelle delcinema come Charlie Chaplin, Ava Garner e Totò. Altri tempi. Nel nuovo millennio - dopo che Alfio Bocciardi lo ebbe rilevato da Virgilio Savini - il ristorante è oggi nelle mani della famiglia Gatto, siciliani, che tentano per la prima volta di rilanciare nella contemporaneità un brand rimasto immutato nel tempo, vetrina-simbolo per il pubblico dei turisti stranieri. Alle redini della cucina c'è oggi lo chef lombardo Giovanni Bon, una gavetta al fianco di maestri come Carlo Cracco e Claudio Sadler, che ha lanciato una sfida non facile: riabbracciare il pubblico dei nuovi milanesi e dei food-lovers grazie a ricette che non tradiscano la tradizione ma al contempo aprano all'innovazione. «Una cucina emozionale», così come ama definirla, fedele al Dna dell'italianità che mette al primo posto la selezione delle materie prime e il rispetto per la stagionalità degli ingredienti. Quattro menù all'anno ma suddivisi tra la carta della Tradizione e la Proposta dello chef. «Oggi il pubblico che sceglie lo storico Savini - dice - non è più solo quello degli stranieri di passaggio, ma almeno la metà prenota per provare nuovi piatti in una cornice storica. Conti inarrivabili? Abbiamo voluto sfatare la leggenda con due menu degustazione a 160 euro e un business lunch da 45 euro».

Infine, il restyling di contenuti si è esteso anche al Bistrot che affaccia sulla Galleria che ha rilanciato il rito dell'aperitivo con sette inediti cocktail d'autore dedicati alla lirica: come il «Salieri», il «Madama Butterfly» o il «Norma»...

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