Cronaca locale

Se il Padreterno va in crisi di autostimaTeatro Litta

Se il Padreterno va in crisi di autostimaTeatro Litta

Sulle radici israelitiche della psicoanalisi si è scritto molto, soprattutto tra gli anni '60 e i '70. Poi a rammentarci che Sigmund Freud era inequivocabilmente ebreo, e che la scienza alla quale ha dato inizio è impregnata di memorie dell'Antico Testamento, ci si è messo il teatro. Nel 1993 a Parigi fece scalpore Il visitatore, una pièce di Erich-Emmanuel Schmitt nella quale all'autore della «Interpretazione dei sogni», in una Vienna ormai occupata dai nazisti, appariva nientemeno che Dio (interpretato da Kim Rossi Stuart nella versione italiana) con lo scopo di erodere le certezze positivistiche dello scienziato. In Oh Dio mio!, lo spettacolo in cartellone al Litta fino a domenica con la regia di Nicola Pistoia, è la divinità invece a non avere quasi più sicurezze. Protagonista della drammaturgia scritta da Anat Gov (celebre autrice televisiva israeliana, attivista di Gush Shalom e firma del prestigioso quotidiano Yedioth Ahronoth) è Ella, una psicanalista di successo, madre single e non più giovane di un ragazzo autistico. Un giorno riceve una telefonata da un misterioso signor D, un individuo profondamente depresso che chiede con insistenza di essere ricevuto. Sotto quella lettera dell'alfabeto si cela proprio lui, l'artefice della Creazione, che tuttavia è così deluso dalla sua opera da essere tentato di porvi fine. Ella (che in questo allestimento prodotto dalla compagnia Attori & Tecnici del Teatro Vittoria di Roma è interpretata da Viviana Toniolo) ha a disposizione i canonici 50 minuti di una seduta di analisi per fargli cambiare idea. In quell'arco di tempo però, oltre ad affrontare i turbamenti del paziente, non manca di sfoderare le sue perplessità di intellettuale laica. Tra crisi di autostima di Dio, deliri di onnipotenza dell'uomo, recriminazioni della psicanalista che, in quanto donna ed ebrea sa di essere doppiamente discriminata, i 50 minuti, ricolmi di divagazioni e ironia yiddish, rischiano di trascorre in fretta e di non sortire alcun esito.

Se non fosse per l'intervento del figlio di Ella: una semplice parola in grado di riportare il livello del discorso a quel legame di affetto e di reciproca dipendenza che caratterizza il rapporto tra dio e l'uomo.

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