Cronaca locale

"Siamo come Telemaco in cerca del padre felice"

Gioele Dix racconta il suo monologo sul mito omerico: «Più duro dopo la perdita di mio papà»

"Siamo come Telemaco  in cerca del padre felice"

Se nella scorsa stagione - con il monologo Vorrei essere figlio di un uomo felice - Gioele Dix riscosse uno straordinario successo, oggi l'attore torna sullo stesso palco con lo stesso spettacolo, per poi andare in scena dall'11 al 22 dicembre con il thriller Cita a Ciegas nel ruolo di Jorge Luis Borges. Al suo nuovo passaggio milanese l'intenso monologo - ispirato ai primi quattro canti dell'Odissea di Omero - assume un sapore particolare: «Nella scorsa primavera - confida l'attore - mio padre è scomparso. A lui, uomo severo e dal carattere chiuso, era dedicato lo spettacolo. Dopotutto, questa era la sua natura e non gliene ho mai fatto un colpa. Quando veniva a vedere i miei spettacoli il massimo della sua approvazione era una pacca sulla spalla. Ma io capivo». Oggi, tornare sul palco con Vorrei essere figlio di un uomo felice è un po' più duro: «Già prima della perdita di mio padre - confida - a fine spettacolo raccoglievo commenti commossi da parte di molti spettatori soprattutto per l'epilogo del mio monologo: molte erano persone che avevano perduto un genitore e si ritrovavano nelle mie parole. Ora sento di poterli comprendere appieno. Tra padri e figli ci si allontana e ci si riavvicina: ma quando ti allontani, hai sempre la sensazione di poter recuperare. Quando tutto è finito, comincia un nuovo capitolo della tua vita». Il titolo del monologo è tratto da una frase che il figlio di Ulisse, Telemaco, pronuncia pensando al padre che non torna più a casa. Nei quattro canti al centro della piéce Telemaco si decide a lasciare Itaca per cercare notizie di Ulisse, stimolato dalla dea Atena sotto mentite spoglie: «É lei - spiega Gioele Dix - la psicanalista dell'Olimpo, lei che induce Telemaco, e in fondo noi umani, a misurarci con le nostre debolezze. Come Telemaco, anche noi dobbiamo uscire dal guscio di Itaca».Il mondo classico si avvicina e allontana dal nostro contemporaneo: stiamo tornando politeisti come gli antichi greci e romani? «Non dobbiamo pensare che la religiosità politeista degli antichi fosse superficiale - continua Dix - Certo, i greci affibbiavano agli dèi difetti simili a quelli degli uomini, ma anche nella Bibbia i profeti discutono con Dio e si misurano con la sua rabbia. Quanto ai testi classici, essi sono l'antidoto alla velocità distratta della modernità, possono solo farci bene. Così come i dubbi e gli inciampi nella fede: io, da credente zoppicante, non so se invidiare coloro che sono convinti in partenza».

Ironia e umana comprensione dei difetti propri e del prossimo, magari con l'aiuto di una "psicanalisi divina" come quella di Atena, la Dea della sapienza e della trasparenza: a dire il vero in tutto questo c'è un po' della ricetta di un grande autore, di origini ebraiche come Dix: Woody Allen: «Il paragone mi onora - conclude l'attore - Lui, come tanti altri autori maestri di ironia, ha saputo vedere le cose che non vanno, la fatica del vivere».

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