Un monologo a cinque voci: la madre, la figlia, il padre, l'istitutrice e la vecchia cugina. Tutte parlano e vivono incarnate in Sonia Bergamasco. Folgorata dalla lettura e scoperta di Irène Némirovsky, Bergamasco ha ideato e interpretato Il ballo, che ora torna al Parenti (17-25 marzo) dopo gli applausi, e i consensi della critica, ottenuti al debutto nello stesso teatro, due anni fa.
La storia è una favola cupa: la vendetta della giovanissima Antoniette nei confronti della famiglia, che la esclude dal ballo di società e la imprigiona in uno sgabuzzino. Antoniette è ovviamente una traslitterazione dell'autrice, anch'essa maltrattata e non compresa dalla famiglia. Il romanzo breve di Némirovsky, scrittrice ebrea morta ad Auschwitz, uscì nel 1930; l'ambientazione è il mondo della media borghesia in ascesa a Parigi, tra le due guerre mondiali. «È una storia che respira con il pubblico», dice Sonia Bergamasco, attrice conosciutissima anche perché fidanzata di Montalbano in Tv e acida dirigente che voleva licenziare Checco Zalone nel film Quo vado, successo stellare del comico pugliese. «Passare da un personaggio all'altro credo incida sul modo così aperto di vivere il racconto di scena. Essere in ballo ogni sera non mi stanca mai, anche a diverse stagioni dal debutto». Bergamasco è diventata una lettrice accanita di Némirovsky. «Credo di aver letto tutto quello che ha scritto. Ho un'immagine del suo mondo, ma sono con lei solo attraverso il lavoro di scena. C'è un luogo misterioso di ogni creatura, che non potrà mai essere accessibile». L'attrice sostiene che la vicenda dello spettacolo, pur terribile, «è una storia come quelle che si raccontano ai bambini. I bambini sono sempre attratti dai cattivi, e qui di cattivi ce ne sono parecchi». Bergamasco è in lizza ai David di Donatello, nella categoria attori non protagonisti, per la sua partecipazione alla commedia cinematografica Come un gatto in tangenziale. Al cinema, nonostante le fatiche teatrali, l'attrice non rinuncia. «Vado sempre incontro ai miei desideri, seguo l'intuito che mi spinge verso un progetto. Ma il teatro resta centrale. È un luogo politico, in cui la comunità si specchia e forse si scopre. Per questo istituzioni e governo, quando ci sarà, dovrebbero valorizzarlo». Spettatrice attenta, Sonia Bergamasco perde pochi spettacoli. Tra quelli che le sono piaciuti di più, c'è il Freud al Piccolo, interpretato da suo marito, Fabrizio Gifuni. «Visionario, aperto, difficile da dimenticare». Dopo Il ballo, il taccuino dei buoni intenti di Bergamasco è già annotato.
«Desidero produrre un nuovo lavoro teatrale sull'opera di Primo Levi, e nel corso della prossima stagione riprenderò L'uomo seme, spettacolo sempre prodotto con il teatro Franco Parenti della mia amica Andrée Ruth Shammah».
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